Pagina:Loti - Pescatori d'Islanda.djvu/90


— 90 —

rosee di aurora, tutto restava livido e triste, e a bordo della Maria un uomo piangeva, il grande Yann...

Le lagrime del suo amico selvaggio erano il più significativo elogio funebre per il piccolo eroe, su quei mari d’Islanda, dove aveva passata la metà della sua vita...

Come spuntò il giorno Yann asciugò bruscamente i suoi occhi con la manica della maglia azzurra, e non pianse più. Egli sembrava completamente ripreso dalla pesca, dall’andatura monotona delle cose reali e presenti, non pensando più a niente. Le canne davano molti pesci e le sue braccia a stento bastavano. Intorno ai pescatori, nei fondi immensi, era un nuovo cambiamento. Il grande spettacolo del mattino era finito ed ora gli orizzonti lontani sembravano restringersi, rinchiudersi su loro stessi. Il vuoto si riempiva di veli che fluttuavano vagamente. Essi cadevano mollemente in un grande silenzio, e ne scendevano da pertutto nello stesso tempo opprimendo, ingombrando l’aria respirabile. Era la prima nebbia di agosto che si levava. Dopo qualche minuto tutto l’orizzonte divenne denso, impenetrabile; intorno alla Maria non si distingueva altro che un pallore umido a traverso il quale l’alberatura del naviglio sembrava disperdersi.

— Ecco la nebbia sporca che arriva — dissero gli uomini. Essi conoscevano da molto tempo quella inevitabile compagna del secondo periodo della pesca; essa però annunziava anche la fine della stagione d’Islanda, l’epoca in cui si ritorna in Bretagna. In fine gocce brillanti si posavano sulle loro barbe, facendo luccicare di umidità in loro pelle bruna. Quelli che si guardavano da un punto all’altro del battello vedevano se stessi muti come fantasmi: e gli oggetti vicini apparivano più duri sotto la luce biancastra. Badavano a non respirare con la bocca aperta, una sensazione di freddo e di umido penetrava i loro petti. Nel medesimo tempo la pesca si faceva più presto, e non si parlava più, tanto le canne davano pesci; ad ogni mo-