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viaggio, il treno, venendo da Parigi, li aveva posati — suo padre e lei — a Guingamp. Allora ella era stata presa da una sensazione sconosciuta. Questa vecchia e piccola città, che aveva traversata solo in estate, le appariva oggi assai diversa, provava come l’emozione di tuffarsi profondamente nel suo passato. Questo silenzio, dopo Parigi, questa vita tranquilla, le vecchie case in solido granito, tutte le cose bretoni che la deliziavano (ora che amava Yann), le erano sembrate quel mattino d’una tristezza desolante. Delle massaie mattiniere aprivano già le loro porte; ella era entrata in chiesa per dire le sue preghiere. E come le era sembrata tenebrosa questa navata magnifica, e così diversa dalle chiese parigine! In un angolo oscuro, dietro le colonne, bruciava un cero e una donna era davanti inginocchiata, senza dubbio, per fare un voto — ... Ella aveva ritrovato tutto a un tratto, in sè stessa, le traccie di un sentimento molto dimenticato; quella specie di tristezza e di spavento, che provava prima, quando, piccola, la conducevano alla prima messa nelle chiese di Paimpol.

Però non rimpiangeva Parigi, ad onta delle sue divertenti meraviglie. Da principio, anzi, vi si era sentita oppressa, sembrandole di essere quasi una straniera; le parigine erano delle donne dalle figure sottili e affascinanti, avevano una maniera a parte di camminare, ed ella era troppo intelligente per aver mai voluto tentare di imitarle. Con le sue cuffie, ordinate ogni anno alla cucitrice di Paimpol, si trovava imbarazzata nelle strade di Parigi; non comprendendo però che, se si voltavano a guardarla, era perchè la trovavano graziosa.

Vi erano alcune parigine la cui andatura aveva una distinzione che l’attirava, ma le sapeva inaccessibili e le altre, quelle di condizione sociale più modesta, che avrebbero acconsentito di attaccare amicizia, ella le teneva sdegnosamente da parte. Aveva dunque vissuto senza amiche, quasi senza altra compagnia, che quella di suo