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come quella di una persona elegantissima. Malgrado la sua cuffia, aveva un’aria di signorina. Anche le mani, senza quella piccolezza stentata, che è divenuta una bellezza convenzionale, erano piccolissime e bianche. Ella aveva cominciato per essere una piccola Gaud, correndo a piedi nudi nell’acqua, non avendo più madre, quasi abbandonata durante le stagioni di pesca, che suo padre passava in Islanda; graziosa, rosea, spettinata, testarda, cresceva vigorosa e fiera al grande soffio aspro e rigeneratore della Manica.

In quel tempo era raccolta dalla buona nonna Moan che le affidava Silvestro durante le dure giornate di lavoro, in cui era costretta a lavorare presso le persone di Paimpol. La fanciulla aveva un’adorazione di piccola madre per quest’altro piccolo che le era stato affidato, di cui era maggiore di appena 18 mesi; così bruno mentre ella era tanto bionda, così sommesso e carezzevole, per quanto ella era vivace e capricciosa.

Ricordava questo principio della sua vita che nè le ricchezze, nè la città le avevano fatto dimenticare; lo rivedeva nello spirito come un sogno lontano di libertà selvaggia, come il ricordo di un’epoca vaga e misteriosa in cui le spiagge avevano più spazio e le scogliere erano più gigantesche....

Aveva circa sette anni quando suo padre per una piccola eredità si rimise in gambe, e cominciò a comprare e vendere dei carichi di naviglio, diventando quasi ricco in breve tempo. Allora la piccola Gaud, era diventata la signorina Margherita, grande, seria e dallo sguardo grave.

Sempre un poco abbandonata a sè stessa, un genere di abbandono diverso da quello della spiaggia bretone, aveva conservata la sua ostinata natura di fanciulla. Ciò che sapeva delle cose della vita le erano state rivelate a caso, senza discernimento alcuno; ma una dignità innata, eccessiva le era servito di salvaguardia. Di tanto in tanto