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dove tutti i navigli islandesi, imbandierati a festa, salutavano il passaggio sacro. I preti si arrestavano davanti ad ognuno di essi, impartendo la benedizione. Il giorno seguente partivano tutti insieme come una flotta lasciando il paese quasi vuoto di sposi, di amanti e di figli. Allontanandosi, gli equipaggi cantavano insieme, a piena voce vibrante, i cantici di Maria Stella del mare. Ed ogni anno per la partenza aveva luogo la stessa cerimonia solenne.

Si ritornava poi verso la fine di agosto. Ma la Maria seguiva l’uso di molti islandesi, toccando solamente Paimpol e poi discendendo nel golfo di Guascogna; vendevano poi la pesca a condizioni favorevolissime. In questi porti del Mezzogiorno, che il sole riscalda ancora, si spandono per qualche giorno gli equipaggi robusti, avidi di piaceri, inebriati del tiepido scorcio diestate, dalla mitezza dell’aria e dal profumo delle donne. Con le prime nebbie dell’autunno poi si ritorna a Paimpol, o nelle casupole, sparse lungo il paese di Goëlo, ad occuparsi un poco di famiglia e di amore, di matrimoni o di nascite.

Quasi sempre di trovano là dei padrini per ricevere il sacramento del battesimo. Sono necessari molti fanciulli a questa razza di pescatori, che l’Islanda divora.


Capitolo Terzo.


A Paimpol, una bellissima domenica di giugno di quell’anno, due donne erano occupate a scrivere una lettera. Sembravano giovani entrambe, una aveva la cuffia straordinariamente grande alla vecchia moda; l’altra una cuffia piccolissima di forma nuova, come quelle adattate dalle Paimpolesi.

Si sarebbero giudicate due innamorate che compilassero insieme un messaggio tenero per qualche islandese lontano. Quella che dettava (la grande cuffia) levò la testa guardando fissamente nel vuoto quasi cercasse le idee. Era vecchia, molto vecchia, quantunque il suo corpo gio-