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ii - apollo e pan | 317 |
CANTO DI PAN
Diva, nell’inquieto mar creata,
fusti tu causa al siculo pastore
di morte, o la prole impia da te nata?130
Certo tu fusti, anzi il tuo figlio Amore,
anzi tu impia, e lui crudel li desti
vana speranza tu, lui cieco ardore.
E tu qual delle Furie togliesti,
o Cupido, il velen? forse lo strale135
nelle schiume di Cerbero intignesti?
Crudel, come potesti tanto male
guardare, e morte tanto acerba e rea
con gli occhi asciutti, e se’ dio immortale?
Se ’l consenso vi fu di Citerea,140
io stimo omai i sua numini vani;
se non son, tu non se’ figliuol di dea.
Anzi ti partorîr li gioghi strani
di Caucaso nivoso, e in duri sassi
il latte ti nutrí di tigri ircani.145
Crude nutrici, e superar ti lassi
da sí crude nutrici, di pietate!
Pianserne loro, ed il cor tuo duro stassi.
Fûr le pilose guance allor rigate
da’ primi pianti, e lacrime novelle150
dagli occhi fèri avanti non gustate.
Ma voi dove eravate, o ninfe belle,
allor che dette gli ultimi lamenti
Dafni, chiamando le crudeli stelle?
Dafni, amator delle selve virenti,155
Dafni onor del mio regno, a me piú grato
ch’alcun pastor, che mai guardassi armenti.
Ah Dafni, Dafni, quant’hai ben guardato
gli armenti, e mal te stesso! ma chi puote
fuggir però lo inesorabil fato?160