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iii - rime 203

lv

[Amore brilla negli occhi della sua donna.]


     Ch’è quel ch’io veggo dentro agli occhi belli
della mia donna? Lasso! egli è Amor forse.
Pur l’accecata vista ve lo scòrse,
benché la vinca lo splendor di quelli.
     — Amor, perché per me non li favelli? —
Rispose lui, che dello error s’accorse:
— Perché l’arco e li stral di man m’estorse,
e mi legò co’ suoi biondi capelli.
     Questa con voluntaria violenzia
fatto ha che in me le mie saette ho vòlto;
per lei ho in odio la mia antica stella.
     Due n’ho per una, ed è molto piú bella
ciascuna d’esse; ed io triemo, ché tolto
e secco è il fonte d’ogni sua clemenzia. —


lvi

[«Deh! torna a riveder quel bel sembiante».]


     Talor mi priega dolcemente Amore,
parlando all’affannato cor davante:
— Deh! torna a riveder quel bel sembiante,
lá dove un tempo accompagnai il tuo core.
     Lui si partí per superchio dolore:
io mi restai in quelle luci sante,
ove ancor son buon testimon di tante
durezze pria, or di pietoso ardore.
     Torna alle antiche, chiar tue fide stelle:
ché l’una in te per sua influenzia infonde
Amore, e l’altra gentilezza insieme.
     Giusta pietá l’ha fatte assai piú belle. —
Il tristo cor a questo non risponde,
ma tace incerto e d’ogni cosa teme.