Pagina:Lo zuavo.djvu/26

26

perseveranza nella preghiera, e le virtù, che sono la vera forza del soldato cristiano.

«Un mattino del quarto giorno dopo la mia fuga, io m’era sdraiato sotto alcuni alti buscioni formati dalla riunione confusa di varie pianticelle, quando fui sorpreso da un pastore, che si diè ad osservarmi attentamente. Di già io pensava di raccomandarmi alle proprie gambe, quand’egli mi disse: — Non temere: sono amico dei Francesi; ti condurrò nel mio gourbi; le donne ti riceveranno. —

«Io non sapeva che risolvere. La fuga era impossibile; ei m’avrebbe raggiunto. Facilmente ricordava il proverbio: Coll’Arabo sii sempre diffidente.» Mi ricordava pure d’un prigioniero fuggitivo, e ricondotto nella fortezza di Tafraoua dai pastori, e che fu condannato dal kaid a ricevere duecento colpi di bastone. Ma egli riprese: — Sono stato ben trattato dai tuoi fratelli: Dio ne sia lodato! Son contento di servire quelli che conoscono la giustizia ed il bene. — Finalmente presi la risoluzione d’accompagnarlo. Giunti al douair, i cani annunziarono il nostro arrivo, ed entrai col mio conduttore sotto una tenda d’una stoffa di cammello, solidamente legata a terra e sostenuta nel centro da un palo alto sette piedi. Due donne eran ivi sedute sulle loro calcagna colle braccia incrocicchiate sui loro kailks. — Nazareno, mi disse una di esse, sii il ben venuto, l’inviato di Dio! —

«Mi presentarono un piatto pieno di couscoussou, specie di pasta rotolata sopra un setaccio, e cotta al vapore del brodo. Da molto tempo io non avea fatto un sì buon pasto, ed erano quattro giorni che vivea di frutta e di radici. Non sarete sorpresi di sapere che mangiai con piacere questo cibo nutritivo; esso mi rammentava la buona tartara della Fiandra; e poco fa, amici miei, nel vedere quelle che mia madre preparava così bene, mi