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fortunio; manifestai il mio progetto ed i miei dubbii ad alcuni dei prigionieri che lavoravano meco. Risposero che la fuga era difficilissima; e che, quand’anche fossi riuscito a sottrarmi alle ricerche dei soldati d’Abd-el-Kader, sarei infallibilmente caduto nelle mani degli Arabi; che, se avessi potuto raggiungere il Marocco, dal quale dovevamo esser poco discosti, non era già certo che non sarei stato fatto nuovamente prigione; ch’essi erano rassegnati d’aspettare, pensando che i Francesi li porrebbero in libertà un giorno se fossero pervenuti a scampare dalle fauci delle tigri e dei leoni. Questa risposta m’afflisse amaramente, sopratutto vedendo il misero stato morale in cui si trovavano que’ poveri giovani. — I Francesi liberarci! diss’io vivamente; oh! so bene che se i nostri bravi generali sapessero che siamo qui, farebbero ogni sforzo per liberarci; ma lo sanno essi forse? possono forse supporre che vi sieno prigionieri in un luogo così poco distante dalla provincia d’Orano?... Ebbene! lo sapranno, colla grazia di Dio. Ho deciso; partirò solo, poichè non volete seguirmi; e fra breve, oso sperarlo, ci rivedremo. — Francesco, mi disse l’un d’essi, tu sei un bravo giovane; tu ti farai arrestare, non ci sarai d’alcun giovamento, e perirai quindi sotto il bastone. — Non cercate trattenermi, amici miei; ho esitato alquanto all’idea ch’io vi lasciava come un vile egoista; ma mi sta a cuore d’eseguire il mio progetto: ora che ho la speranza d’esservi utile, se ho la disgrazia di morire in queste vaste pianure, o sotto i colpi degli Arabi, mi rimarrà ne’ miei momenti estremi la consolazione di non aver causata la perdita d’un camerata. All’opposto, se riesco, darò le vostre nuove al primo posto francese che potrò trovare; Dio farà il resto. —

«I miei compagni, non insistendo più, io m’apparecchiai a partire; dopo averli abbracciati, ed accettato