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Or queste tombe non sono state sicuramente sotterrate, e tali strati non sono stati fatti da un lancio di materie volcaniche, venute per aria dal Vesuvio, ma da reiterate e consecutive alluvioni, le quali han dato origine agli strati medesimi, l’uno dopo dell’altro; le quali han formato a poco a poco l’altezza della montagna; e le quali han depositato sopra alle le tombe i varj letti di lapillo e di terra vegetabile. Per lapillo intendo qui quei piccoli pezzi di pomice e di lava, dai quali son composti questi strati. Gli strati che cuoprono le tombe sono finora al numero di 12, alternando come sopra. Al disotto poi di tutti giace il tufo volcanico, formato anche dalle acque. Gli strati di lapillo hanno la spessezza da tre pollici a cinque piedi. Tra questi strati ve n’è uno, che ha due caratteristiche, ognuna delle quali dimostra due cose diverse, confacenti al mio assunto. La prima è, che lo strato di lapillo in quistioue il quale passa al disopra delle tombe (ciò che indica essere state queste sotterrate da alluvioni precedenti a quella, che formò lo strato di cui parlo) è fatto da pezzettini rotondi non di pomice leggiera galleggiante nell’acqua, come tutti gli altri strati del luogo, e come quella di Pompei, ma di lava pesante, in forma di globetti, simili ai pallini per la caccia. Ciò dimostra non solo di essere stati rotolati e strascinati da questo fluido da un luogo in un altro, ma da esso eziandio lavati e concentrati, ossia separati dai lapilli di pomice. I nostri muratori chiamano arena questa specie di lapillo, perché è pesante e globoso; egli è un eccellente materiale per le fabbriche nell’acqua. La seconda caratteristica