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dipoi al culto del vero Dio; avendo ancora egli similmente cavato della servitù della confusione, della quale egli era stato tratto dal lume divino, molti ammaestramenti e molti avvertimenti; e volendo onorare con essi Dio nel suo vero tempio, il quale è (come scrive Paulo Apostolo) l’uomo, ammaestrandolo e insegnadogli con lo esempio suo camminare al suo vero fine, soggigne e dice:

Ma per trattar del ben che io vi trovai.
Dirò dell'alte cose, che io v'ho scorte.

Dove si ha a leggere alte; e non altre, come legge il Vellutello; perchè sarebbe un conseguente senza antecedente alcuno dicendo: io dirò delle altre cose che io vi ho scorte, non avendo detto innanzi di alcuna; e così hanno i testi antichi. E così ancora per il bene, ch’egli dice che vi trovò, non si ha a intendere il vero e perfetto bene, perchè questo non scorse egli, come dimostra il processo dell’opera, nella selva; ma delle cose ch’egli conobbe in essa confusione, le quali gli furon dipoi e sproni e mezzi a cercar d’esso bene; come furono la cognizione delle false ed erronee opinioni degli uomini, mediante le quali egli era uscito del cammino nel quale egli era stato primieramente indiritto dai suoi maggiori, e aveva smarrita la strada; il pericolo ch’egli portava, in essa selva, di quelle tre crudelissime fiere; e la debolezza delle forze sue. Le quali conoscendo egli non essere a bastanti nè atte per loro stesse a cavarlo di tal confusione, disperato e disfidato e di loro e di sè stesso, alzò gli occhi in alto, confessando tacitamente, che a volere uscir d’essa selva gli era di mestieri lo aiuto e il lume divino. Imperochè, se bene tutti gli uomini amono e cercono naturalmente il bene, ei non fu mai però alcuno che potessi nè trovare il vero bene senza il lume, nè conseguirlo senza lo aiuto divino; ma tutti quegli, i quali si sono affativati in cercarlo solamente con le forze propie e con il lume della sapienza umana, sono di mano in mano entrati in maggior confusione e caduti in maggiori errori; di sorte che alcuni si sono condotti a dire, ch’ei non è cosa alcuna che sia certa, ma che quel che noi chiamiamo certo è