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LETTERE

sua cara felicità, havendo proposto di pigliar una giovane nata di nobili, e virtuosi parenti, d’età di vent’anni, sì che havendone io ventinove in circa staremo appunto ben insieme. Io non la voglio più ricca di me per non pigliarmi una padrona in casa: ma ella è di ricchezze alla mia fortuna eguale come ancora nella nobiltà non inferiore, ella non è così bella, ch’io habbia da temere che sempre in capo di lista sia chiamata a i balli, & à i conviti; e non è tanto brutta, ch’ella habbia à dispiacermi. La dote è conveniente allo stato mio, la giovane non hà indispositioni, è vergognosa, modesta, d’ingegno nè stupido, nè troppo vivace, atta à quelle fatiche, delle quali di bisogno ha la casa mia. Questa non è vedova: ma donzella, sì che io potrò facilmente assuefarla à miei costumi. Ella non si liscia, e per ciò non hò da dubbitare, baciandola di baciar anzi una maschera che una donna. Questa attende all’ago, alla conocchia, & à gli altri essercitij feminili, non alle musiche, e non à i piaceri come fan molte dallequali i mariti non ponno in casa mai haver cosa, che lor bisogni. Hora Signor mio da quello, ch’io vi scrivo potete vedere, ch’io non compro (come si suol dire) gatta in sacco; nè crediate, che ’l troppo amore mi faccia vedere, e trovar in lei quel, che non ci è, per ch’io non la piglio per esser innamorato; ma solo, perche mi par ben il maritarsi, & essendo questo, non posso trovar donna più al proposito mio, e non non voglio indugiare alla vecchiezza come fan molti, i quali si trovano la casa piena di figliuoli, o sian d’essi, o


d’altrui