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D’ISABELLA ANDREINI. 23

egli sia meritevole un giorno di serbar quasi in pretiosissimo vaso la vostra inestimabile bellezza.


Del Medesimo.


A

MORE mi si mostrò così benigno il primo giorno, ch’io ’l vidi, ch’io stimai le mie pene un dolce riposo. Egli così bello mi fè veder il suo volto, e così dolce mi fè udire la sua favella, che volontariamente me gli donai, giurando, che più i godeva della soggettione, che della libertà. E chi haverebbe potuto esser così diligente custode di se stesso, che non havesse anzi eletto per lui di servire, che per se medesimo di comandare? chi è tanto accorto, e prudente Nocchiero, che non si prometta un viaggio fortunatissimo havendo placido il mare, secondo il vento, e vicino il porto? chi non haverebbe creduto à quella bellezza divina, & à quel ragionar cortese? ma l’empio mutò ben tosto e costume, e sembiante, perche subito ch’egli mi conobbe servo di lui, e prigioniero della bellezza vostra, pose gli innamorati miei spirti in una perpetua guerra, il misero mio cuore in un continuo incendio, e l’anima tormentata in un’eterna passione, talche non hebbi a pena ricevuta nel mio seno la sua dura, & obliqua legge, ch’egli mutò affatto l’imagine prima lusinghiera, e finta, facendomi conoscere quanto sia mal accorto colui, che riceve nel proprio albergo un ch’è di lui maggiore. Egli discacciò dalla mia mente ogni


pensier