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à tutta mia possanza alimentarlo; e benche nel mio nascimento la Fortuna mi sia stata avara di quelle commodità, che si convenivano per ciò fare, e benche sempre i’ sia stata lontanissima da ogni quiete, onde non hò potuto dir con Scipione, che mai non mi son veduta men’otiosa, che quando era otiosa; tuttavia per non far torto à quel talento, che Iddio, e la Natura mi diedero, e perche ’l viver mio non si potesse chiamar un continuo dormire, sapend’io, che ogni buon Cittadino è tenuto per quanto può à beneficar la sua Patria, à pena sapea leggere (per dir così) che io il meglio, ch’i’ seppi mi diedi à comporre la mia Mirtilla favola boschereccia, che se n’uscì per le porte della stampa, e si fece vedere nel Teatro del Mondo molto male in affetto, per colpa di proprio sapere (io non lo nego) ma per mancamento ancora d’altrui cortesia (e non v’ha dubbio.) Dopò sudai nella fatica delle mie Rime, e di ciò non contenta procurai di rubbar al Tempo, & alla necessità del mio faticoso essercitio alcun breve spatio d’hora, per dar opera a queste lettere, che di mandar alla luce presso gli altri miei scritti ardisco, più, perche mi confido nella benignità del Mondo, che, perch’i’ creda, ch’esse vagliano; e se alcuno dicesse, che fu sempre intentione di chi mandò lettere alle stampe d’inse-


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