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D’ISABELLA ANDREINI. 155

mia fede non sarà menomata da gli anni, anderà la mia costanza eguale à i secoli, i quali partiranno con l’amor mio l’immortalità loro, nè men dell’amor sarà la passione immortale, e certo che ad una cagione eterna non si convien’effetto terminato, e non può à mio giuditio durando l’amore, finir il dolore. Bellissima Donna, che fosti il vero ornamento della tua per te fortunatissima etate, per ricompensa, e per consolatione delle mie promesse, e de’ miei mali concedimi, ch’io possa imitarti nell’altezza de i pensieri. Tu benche mortale sempre havesti pensieri immortali. L’istesso anch’io vorrei, e senz’altro l’havrò, poiche dalla tua bontà mi verrà la gratia; e come non saran lunge da morte i miei pensieri, se continuamente penseranno alle tue divine virtù? così (se però non turba la grandezza del Cielo, il pensar alla Terra) mi sia conceduto, che tu di me alcuna volta pensi. Sovvengati anima mia cara di colui, che ’n tante miserie quà giù lasciasti, ricordati di me, che sempre chiamerò il tuo nome, volgi tallhora lo sguardo à questi occhi, che non possono più riveder i tuoi, i caldi raggi de i quali (ò memoria, ò dolore) havean pur forza d’asciugar le humide mie lagrime, accompagna con la vista i miei passi, che lungi da te mi guideranno in luoghi solitari, & oscuri. Voi Signor mio, per quella cara amicitia, ch’è trà noi, accompagnate con la vostra pietà le mie miserie, e pregate Iddio, che mi consoli, permettendo, che quanto prima quel Sepolcro, che la mia carissima donna rinchiude, ancor me accolga. Sia col suo cenere


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