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LETTERE

Della morte d’un figliuolo.


L’

Attristarvi tanto come fate, per la morte del figliuol vostro, parmi che sia cosa disdicevole ad huomo prudente come voi siete, se pur dobbiam dire, che ’l figluol sia morto, per esser passato trà i più; conciosiacosa che la morte à i buoni, com’era quel giovene discreto, modesto, e virtuoso è principio di vita, e morendo si può dire, che i gioveni suoi pari cominciano à vivere. Ricordatevi, che i Cimbri, & i Celtiberi non conoscevano maggior felicità della morte; e che la madre di Cleobi, e di Bitone, come affettionatissima à suoi figli pregò un giorno gli Iddij, che lor concedessero il maggior bene, che desiderar si potesse, & essendo uditi i suoi divoti preghi, i duo giovani s’addormentarono di perpetuo sonno nel Tempio della Dea Giunone, ilche fù un dar loro la morte, non potendo essi Iddij dar bene maggiore. Cessate dunque di pianger la sua morte, se non volete pianger il suo bene. Se la vita ci è stata data con immutabil conditione di dover morire, perche tanto della morte attristarci? chi piange un morto offende Iddio, il morto, e se stesso. Offende Iddio à cui piace di dare, e tor la vita. Offende il morto col mostrar d’haver invidia del suo bene, & offende se stesso, poiche senza speranza di rimedio si distrugge nel pianto. Quel prudente Filosofo, essendogli recata novella dell’improvisa morte


d’un