Pagina:Lettere (Andreini).djvu/128


D’ISABELLA ANDREINI. 52

e d’Amore, perche non v’ha alcuno tanto ignorante, che non conosca quanta, e quale sia differenza dalla cagione al cagionato. Il Fiume, che in molti rami è diviso, non può esser profondo, e la pianta, che abbonda di foglie, manca di frutti. Io per me vi confermo quel, che v’è stato detto, cioè di non voler non solamente più amarvi, ma di pentirmi d’havervi amato. Hor in mia vece eleggetene un’altra, e se non basta una, cento. In ogni modo farete come lo specchio, che riceve tutte le imagini, e non ne ritien’alcuna, overo farete come l’acqua, e come l’argento vivo, che l’una per correr sempre; e l’altro per istar in continuo moto, non possono ricever l’impressione d’alcuna forma. Seguite il vostro costume d’amar, mentre vedete, e d’haver per fede l’istessa infedeltà.


Delle humane miserie.


S

E la Natura sforzò Pedio, nato mutolo, sich’egli parlando tassò Messala Oratore, mentr’egli orava; e se medesimamente sforzò Ati nato mutolo anch’egli, siche vedendo in guerra uno, che voleva uccider Creso suo padre, parlò dicendo, ò huomo non fare, ch’egli è Creso Re, perche non dee l’istessa Natura sforzar me ancora, che sono stato mutolo tanto tempo, siche rotti i duri, e tenaci legami della lingua, e della mente, vi scuopra i miei gravi martiri? Vengo dunque à manifestarvi Signora mia i miei vivi dolori, con queste


morte