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196 ii - paralipomeni della batracomiomachia

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     Maggiori inferni e della sua statura
ben visitati avea l’uom forte e saggio,
e vedutili, fuor nella misura,
conformi esser fra lor, di quel viaggio
predetta aveva al topo ogni avventura
ch’or gli ridisse, e fecegli coraggio,
e messol dentro al sempiterno orrore,
ad aspettarlo si fermò di fuore.
5
     Io vidi in Roma sulle liete scene
che il nome appresso il volgo han di Fiano,
in una grotta ove sonar catene
s’ode e un lamento pauroso e strano,
discender Cassandrin dalle serene
aure per forza con un lume in mano,
che, con tremole note in senso audace
parlando, spegne per tremar la face.
6
     Poco altrimenti all’infernal discesa
posesi di Topaia il cavaliere,
salvo che non avea lucerna accesa,
ch’ai topi per veder non è mestiere;
né minacciando giá, che in quella impresa
vedeva il minacciar nulla valere;
e pur volendo, credo che a gran pena
bastata a questo gli saria la lena.
7
     Tacito discendeva in compagnia
di molte larve i sotterranei fondi.
Senza precipitar, quivi la via
mena ai piú ciechi abissi e piú profondi;
can Cerbero latrar non vi s’udia,
sferze fischiar né rettili iracondi.
Non si vedevan barche e non paludi,
né spiriti aspettar su l’erba ignudi.