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le lodi del Principe di Condé, il dicltote fa menzione della sua* propria vecchiezza e vicina morte. Degli scritti di Giuliano imperatore, che in tutti gii altri è sofista, e spesso non tollerabile, il più giudizioso e più lodevole è la diceria che s’intitola Misopogone, cioè contro (dia barba; dove risponde ai motti e alle maldicenze di quelli di Antiochia contro di lui. Nella quale operetta, lasciando degli altri pregi, egli non è molto inferiore a Luciano nè di grazia comica, nè di copia, acutezza e vivacità di sali; laddove in quella dei Cesari, pure imitativa di Luciano, è sgraziato, povero di facezie, ed oltre alla povertà, debole e quasi insulso. Tra gl’italiani, che per altro sono quasi privi di scritture eloquenti, l’àpologìà che Lorenzino dei Medici scrisse per giustificazione propria, è un esempio di eloquenza grande e perfetta da ogni parte; e Torquato Tasso ancora è non di rado eloquente nelle altre prose, dove parla molto di se stesso, e quasi sempre eloquen»- tissimo nelle lettere, dove non ragiona, si può dire, se non de’ suoi propri casi. CAPITOLO SETTIMO

Si ricordano anche parecchi suoi motti e ri* sposte argute: come fu quella eh’ ei diede a un giovanetto, molto studioso delle lettere, ma poco esperto del mondo; il quale diceva, che dell’arte del governarsi nella vita sociale 7 e della cognizione