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de’ miei costumi, credo che mi possiate essere testimoni». L’amore degli altri si ribella alla negazione che se n’é voluto fare, e s’appella all’intima e irreprimibile attestazione del cuore. Altro che freddezza e petto irrigidito! E da ultimo Eleandro conchiude: «Se ne’ miei scritti io ricordo alcune verità dure e triste, o per isfogo dell’animo, o per consolarmene col riso, e non per altro: io non lascio tuttavia negli stessi libri di deplorare, sconsigliare e riprendere lo studio di quel misero e freddo vero, la cognizione del quale è fonte o di noncuranza e infingardaggine, o di bassezza d’animo, iniquità e disonestà di azioni, e perversità di costumi: laddove, per lo contrario, lodo ed esalto quelle opinioni, benché false, che generano atti e pensieri nobili, forti, magnanimi, virtuosi, ed utili al bene comune o privato; quelle immaginazioni belle e felici, ancorché vane, che danno pregio alla vita; le illusioni naturali dell’animo; e in fine gli errori barbari; i quali solamente, e non quelli, sarebbero dovuti cadere per opera della civiltà moderna e della filosofia».
Dunque: ogni alto senso e tenero affetto, destato da queste illusioni, non sarà spiegabile nel mondo a cui si volgono gli occhi del Leopardi, il mondo di Stratone da Lampsaco, o la Natura dell’Islandese, come non è spiegabile nel mondo che solo esiste per la scienza; ma non perciò è ignorato, o è divenuto estraneo al cuore del Poeta: che non è Timandro, ma è bene Eleandro; e a dispetto di quella Natura, che è il vero, ama gli uomini e la virtú, dichiarandola un’illusione, ma naturale, e quindi vera, quantunque contradittoria a quell’altra Natura, che non conosce né amore, né bene. Inorridire freddamente, si; ma inorridire, ed elevarsi quindi al di sopra della universale miseria, sentita come tale, e non assentirvi, non semplicemente intelligere, come Spinoza avrebbe voluto.
E nella Storia del genere umano, vero preludio alla sinfonia delle Operette, quando l’uomo è pervenuto all’imo fondo di cotesta miseria, rappresentato dall’apparire in terra della Verità, spunta egualmente una divina pietà al soccorso dell’infelicità intollerabile dei mortali: «La pietà, la quale negli animi dei celesti non è mai spenta, commosse, non è gran tempo, la