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1092. Di Antonio Papadopoli.
di Milano adì 15 di Giugno del ventisette.

Mio carissimo Giacomo Credo inutile il dirti che sono caduto e che ho sei ferite nel volto, perchè stimo che la Contessa ti avrà ragguagliato di ciò che disgrazia- tamente mi occorse a pena giunto a Milano; adesso nondimeno inco- mincio a migliorare, e tosto ti scrivo, mio amicissimo - Del mio viag- gio non so che dirti, eccettochè Genova mi piacque e Torino mi pare troppo uniforme - Ierisera ho parlato molto di te col Maffei, il quale va innamorato della Canzone che scrivesti alla tua donna, e che nel vero è un miracolo di bellezza e di amore. L’Ambrosoli scrisse un arti- colo sulla tua traduzione di quella orazione Greca; il leggerai nella Biblioteca Italiana. E uscito il Romanzo del Manzoni,2 del quale se ne dicono diverse ed infinite cose. Pare che sia molto inferiore all’a- spettazione. Io non lo lessi. Il Maffei manda alle stampe una tradu- zione della Sposa di Messina dello Schiller. L’avere inteso che lo Stella è a Bologna mi fa pensare che tu sia sul partire per Firenze; ma mi ti raccomando perchè tu non dimentichi la impromessa che mi facesti di venire a Venezia, la quale contuttoché povera d’ogni bene al certo saprà amarti e riverirti - Dimmi se tenesti fermo di non andare da quella Signora.5 Ho buona speranza che sì, nulladimeno mi sarà caro che tu me ne faccia certo - Da qui a un venti giorni parto alla volta di Venezia. Se posso operarmi in tuo servigio scrivimi e sii certo che nessuno ti ama con maggior pienezza di affetto del tuo Papadopoli.

1093. A Paolina Leopardi.
Bologna 18 Giugno [1827]

Paolina mia. Ti ringrazio propriamente di cuore della tua dei 10, senza la quale sarei stato veramente in pena, non avendo nuova di casa. Non lascia di disturbarmi quello che tu mi scrivi di Mamma. Spero, e prego Iddio, che a quest’ora sia guarita affatto; ma tu fammelo saper subito per amor di Dio. Mi scri-