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vista la qualità dell’offerta, così la dolcezza del cuor vostro vi sforzerà d’accettarla, per molto ch’ella sia povera e vile, e cono- scendo la vanità del dono, a ogni modo procurerete di scusare la confidenza del donatore, forse anche vi sarà grato quello che non ostante la benignità vostra, vi converrà tenere per dispregevole. II [1824] Giacomo Leopardi al Cavaliere Vincenzo Monti Consacro a Voi, Signor Cavaliere queste Canzoni perchè quelli che oggi compiangono o esortano la patria nostra, non possono fare di non consolarsi pensando che voi con quegli altri pochissimi (i nomi de’ quali si dichiarano per se medesimi quando anche si tacciano) sostenete l’ultima gloria degl’italiani; dico quella che deriva loro dagli studi e singolarmente dalle lettere e dalle arti belle; tanto che per anche non si potrà dire che l’Italia sia morta. Se queste Canzoni uguagliassero il soggetto, so bene che non mancherebbe loro nè grandiosità nè veemenza; ma non dubitando che non cedano alla materia, mi rimetto del quanto e del come al giudizio vostro, non altrimenti ch’io faccia a quello dell’universale; conformandomi in questa parte a molti valorosi ingegni italiani che per l’ordinario non si contentano se le opere loro sono approvate per buone dalla moltitudine, quando a voi non soddisfacciano; o lodate che sieno da voi, non si curano che il più dell’altra gente le biasimi o le disprezzi. Una cosa nel particolare della prima Canzone m’occorre di significare alla più parte degli altri che leggeranno; ed è che il successo delle Ter- mopile fu celebrato veramente da quello che in essa Canzone s’introduce a poetare, cioè da Simonide, tenuto dall’antichità fra gli ottimi poeti lirici, vissuto, che più rileva, ai medesimi tempi della scesa di Serse, e greco di patria. Questo suo fatto, lasciando l’epitaffio riportato da Cicerone e da altri, si dimo- stra da quello che scrive Diodoro nell’undicesimo libro, dove recita anche certe parole d’esso poeta in questo proposito, due