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Dedicatoria delle canzoni All’Italia e Sopra il monumento di Dante che si prepara in Firenze I [1819] Al Chiarissimo Sig. Cavaliere Vincenzo Monti Giacomo Leopardi Quando mi risolsi di pubblicare queste Canzoni, come non mi sarei lasciato condurre da nessuna cosa del mondo a intito- larle a verun potente, così mi parve dolce e beato il consacrarle a Voi, Signor Cavaliere. Stante che oggidì chiunque deplora o esorta la patria nostra, non può fare che non si ricordi con infi- nita consolazione di Voi che insieme con quegli altri pochis- simi, i quali tacendo non vengo a dinotare niente meno di quello che farei nominando, sostenete l’ultima gloria nostra, io dico quella che deriva dagli studi, e singolarmente dalle lettere e arti belle, tanto che per anche non si può dire che l’Italia sia morta. Di queste Canzoni, se uguaglino il soggetto, che quando lo ugua- gliassero, non mancherebbe loro nè grandiosità nè veemenza, sarà giudizio non tanto dell’universale quanto vostro; giacché da quando veniste in quella fama che dovevate, si può dire che nessuno scrittore italiano, se non altro, di quanti non ebbero la vista impedita nè da scarsezza d’intelletto, nè da presunzione e amore di se medesimi, stimò che valessero punto a rifarlo delle riprensioni vostre le lodi dell’altra gente, o lodato da voi riputò mal pagate le sue fatiche, o si curò de’ biasimi o dello spregio del popolo. Basterà che intorno al canto di Simonide che sta