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grave, cioè della casa; perchè in questa civilissima città non si trovano quartieri ammobigliati, se non a prezzi enormi, e però tutti i forestieri che vogliono stare un pezzo, se non son inglesi, sono costretti a prendere un quartiere nudo, e ammobigliarlo alla meglio o alla peggio, come ho fatt’io. Ma questi quartieri, che pur sono carissimi, non si trovano a mesi, ma almeno ad anno: ed a me fu data certa speranza che avrei potuto subaffit- tare il mio, volendo partire. Ma come dai discorsi ai fatti si trova sempre gran differenza, oggi non v’è alcuno che voglia il mio quartiere: cosa naturalissima, perchè nessuno qui prende quar- tieri a mesi per la stessa ragione per la quale io ho dovuto pren- derlo ad anno. Ora io non sarei lasciato partire senza una garan- zia, la quale io troverei, non senza qualche mia difficoltà a domandarla; ma in ogni modo avrei a pagare la casa, senza abi- tarla, fino a tutto Aprile, termine qui delle pigioni. Questi osta- coli mi hanno tenuto qui ancora, con mio estremo dispiacere ed incomodo avendo io preparata ogni cosa per la partenza. Non- dimeno, accomodandosi questo affare della casa, come me n’è data ancora lusinga, e molto più, risolvendosi, come pare, il mio amico Ranieri a partire per Roma nel mese entrante, io sono risolutissimo di mettermi in viaggio malgrado il freddo; perchè oltre all’impazienza di rivederla, non posso più sopportare questo paese semibarbaro e semiaffricano, nel quale io vivo in un per- fettissimo isolamento da tutti. Del rimanente Ella non si dee maravigliare della mia tardanza, perchè qui ogni affare d’una spilla porta un’eternità di tempo; ed è così difficile il moversi di qua, come il viverci senza crepar di noia. La mia salute, gra- zie a Dio, è molto tollerabile, e perfino io leggo un pochino e scrivo, attesa, credo, la benignità non ordinaria della stagione passata e presente. Ella mi raccomandi al Signore, mio caro Papà, e mi benedica: le bacio la mano col cuore, sospirando di farlo finalmente di nuovo in persona. Il suo Giacomo