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1755. A Giuseppe Melchiorri.
Firenze, 31 Maggio 1832.

Caro Peppino, Ti ringrazio tanto e poi tanto dell’inserzione che hai procurato alla mia lettera,' e per tuo mezzo ringrazio ancora distintamente il signor Cavalletti, che ti prego a salu- tare in mio nome. Ti sarò poi gratissimo delle notizie vaticane che mi prometti: quanto alle collazioni plautine basterà sapere se ed in qual modo si possono avere; che poi circa il tempo ed i mezzi, cioè il danaro, si combinerà facilmente la cosa per via de’ commissionati di Parigi. La tua Nina ha ragione di dolersi di me, non sapendo le mie circostanze; ma io non ebbi il torto di non venire, come avrei desiderato: perchè negli ultimi venti giorni che stetti in Roma, non uscii più di casa; l’ultimo giorno, mi levai di letto alle due pomeridiane per fare il baule; dopo poche ore tornai a coricarmi; e la mattina seguente, dal letto scesi alla vettura. Mi dispiace d’intendere che le tue pratiche per l’impiego non riescono secondo i tuoi e i miei desiderii. Non bisogna però sco- raggisi: io non lascio di sperare fermamente che presto o tardi tu conseguirai il tuo troppo giusto intento. Salutami la Tuta e i bambini, e Bonifazi e tutta la sua società, e nominatamente Firrao. Ranieri sta bene, e ti saluta molto, ringraziandoti della memoria che hai di lui. Addio, caro Peppino, voglimi bene, e credimi sempre il tuo Giacomo.

1756. Di Cesare Galvani.
Modena li 31 Maggio 1832

A chi fra noi non ignora il nome di V. S. è troppo noto, aver Lei dedicato il suo bellissimo ingegno a tutt’altra causa che a quella sì poten- temente ed imperterritamente sostenuta dall’incomparabile autore dei