vi scrivo questa per darvi le mie nuove, e per dimandarvi le
vostre, e quelle de’ cari amici che ho lasciati nella cara Firenze.
Pel viaggio non ho patito nulla, e sto bene, ma mi trovo come
straniero in questo paese, dopo aver lungamente considerata la
Toscana quasi mia patria, e questi costumi mi riescono più assurdi
ch’io non credeva. Come sta Colletta? Salutate infinitamente
Gino, Montani, Forti, Capei, e Cioni se lo vedete. Assicurateli
tutti, ch’io non mi dimentico mai di loro, e ch’io considero la
mia dimora in Roma come un esilio, e non miro che al ritorno.
Assicuratevi voi stesso dell’amore ch’io vi porto e vi porterò
sempre, come a rarissimo amico, che avrò perpetuamente nel
cuore. Se posso servirvi non mi risparmiate; e vogliatemi bene.
Salutatemi Tommaseo. Addio, addio con tutto l’animo.
Il vostro Leopardi
1657. |
Di Gian Pietro Vieusseux. |
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Carissimo Leopardi. A quest’ora sarete arrivato a Roma; e spero,
rinvigorito dal viaggio. Ma non voglio aspettare una vostra lettera per
ripetervi quanto ci affligge la vostra partenza; e per darvi nuove del
buon generale. Egli gradì immensamente la vostra lettera;1 e la deli-
cata attenzione di non esporlo al dolore dell’addio. Vorrei potervi dire
ch’egli sta meglio; ma v’ingannerei. Gli spasmi certamente sono sce-
mati; ma la debolezza è estrema, ed egli non accetta quasi più quei
pochi cibi che sarebbero necessari per fargli ritrovare un po di forza.
Il Brera, partendo, lascia delle direzioni ad un altro medico (il Con-
trucci); e ier sera è stato fatto un consulto.
Il Cav. Sauli"’ ripartì ier l’altro per Torino - la sua relazione più
intima e personale diventerà preziosa per me - abbiamo fissato dieci
argomenti importanti da farli trattar da’ membri dell’Accademia suoi
colleghi.
Il prof. Witte è partito questa mattina - egli ha fatto una scoperta
nella Laurenziana, che darà luogo ad una sua lettera nell’Ant.’1 - cioè
del Codice del Commento di Ser Graziolo de’ Bambajoli;3 anteriore