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l’orrore e la disperazione del mio stato mi condurrebbero, per uscire di questo Tartaro, a deporre l’antica alterezza, ed abbrac- ciare qualunque partito, accettare qualunque offerta: ma, fuor- ché morire, non veggo compenso possibile, non essendo buono a far nulla. Intanto dell’invito amoroso che Voi mi fate, vi rin- grazio teneramente, e quasi con lagrime, infinite volte; ed altret- tante vi raccomando la salute vostra, preziosa all’Italia, e cara a me più che la mia vita, alla quale desidero voi superstite lun- gamente. Scrivetemi più che potete; salutate Gino e Giordani nostro, il quale non mi risponde più, o che le sue lettere si per- dono. Addio, Addio con tutto il cuore. Il vostro amante e riconoscente Leopardi.

1509. A Francesco Puccinotti.
[Recanati] 28 Nov. [1829]

Caro mio Puccinotti. Non potendo scriver io, ti feci scrivere a mio nome da mia sorella,1 pregandoti a non lasciar passar le vacanze che tu non avessi dato effetto alla promessa fattami di tornare a trovarmi. Tu non rispondesti, e non venisti, e le vacanze sono passate. Senza adulazione o esagerazione alcuna, tu sei quel solo uomo che potrebbe rendermi gradito questo esecrato soggiorno, se noi fossimo insieme; e chi sa che ancora io non potessi alleviare a te il peso di questo male comune? Ora la noncuranza tua, l’im- potenza mia fanno che ritrovandoci a una posta e mezza l’uno dall’altro, non ci vediamo però mai. Almeno dammi le tue nuove, e se hai nuove letterarie eli qualunque genere: e dell’amor mio ti sia prova, che a tua contemplazione mi son posto a scrivere; cosa a me più difficile e più penosa che non sarebbe a te di venire a trovarmi. Addio, mio caro Puccinotti; addio con tutto il cuore. Voglimi bene, e scrivi. Il tuo Leopardi