1395. |
Ad Alessandro Poerio. |
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Ti scrivo, mio caro, per desiderio d’intendere delle tue nuove,
e di quelle del Papà e degli altri amici. Fammi grazia, prima
di tutto, di parlarmi di te, de’ tuoi studi, e in particolare de’
tuoi versi, i quali desidero e spero di leggere, conforme alla tua
promessa. Parlami poi del Papà, poi del Signore1 e di Madama
Imbriani; i quali tutti riverisco di cuore, e desidero che si ricor-
dino della stima singolarissima ch’io ho di loro. Saluto ancora
caramente l’ottimo Emilio Imbriani. Dimmi quel che tu sai di
Don Carlo2 e del Ranieri. Io sto poco bene al solito; non posso
digerire il mio pasto, che è pur piccola cosa; non posso nè leg-
gere nè scrivere senza pena, nè pensare nè parlare di cosa che
richieda una quantunque menoma attenzione di mente. Starò
qui non so quanto; forse sempre; anzi, certamente sempre, se
la mia salute non migliora. Tu mi amerai, spero, e ti ricorderai
di me, e mi scriverai qualche volta. Sai bene quanto io t’amo
e ti stimo. Riverisci per me il Niccolini quando lo vedi. Addio;
ti abbraccio con tutta l’anima.
Il tuo Leopardi
1396. |
Ad Antonietta Tommasini. |
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Recanati, 30 novembre 1828. |
Mia cara Antonietta. Sono già qui arrivato da pochi giorni,
venuto da Firenze per la via di Perugia; e qui starò tutto l’in-
verno, e poi Dio sa quanto. Sono proprio impaziente di sapere
le vostre nuove, delle quali manco da tanto tempo. Seppi il vostro
viaggio a Venezia, ma non ho mai saputo il ritorno. Ragguaglia-
temi di tutto, vi prego; e ditemi dove si trova ora l’Adelaide,
perch’io possa scriverle. La mia salute è sempre nel medesimo