Io le invidio il soggiorno della Libreria, nella quale mi ricordo
bene di non aver mai conosciuta l’estate, nè sentito molto l’in-
verno. Saluto teneramente tutti, e la prego a benedire di nuovo
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Ad Adelaide Maestri. |
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Mia cara Adelaide.
Io non perderò mai la memoria di quella settimana che ho
passata qui con voi e colla Mamma: sono stati i giorni più lieti
ch’io abbia avuti in Firenze. Potete, o forse non potete pen-
sare quanto io sia grato alla straordinaria amorevolezza che mi
avete mostrata. Certamente potete congetturare quanto volen-
tieri io verrei a vivere vicino alla vostra famiglia, se per ora
potessi. La mia salute si va alternando tra i dolori e qualche
intervallo di riposo; nei quali intervalli mi pare di esser sanis-
simo, e se fossero un poco più lunghi, mi scorderei della malat-
tia. Mi dura ancora il buon appetito, che talvolta divien fame,
e necessità di mangiare: ma gl’intestini continuano a non ammet-
ter cibo senza dolori: i quali sono tanto più grandi, quanto è
maggiore la quantità del cibo, benché questa non sia mai supe-
riore, anzi appena uguale, al bisogno. Anche Cazzaiti è di opi-
nione che il mio male non consista in altro che in una sensibi-
lità estrema e straordinaria degl’intestini, combinata con una
gagliarda corrispondenza del sistema nervoso. Fatemi la grazia
di ricordare al Papà la mia tenera gratitudine alle sue cordia-
lità. Alla Mamma scriverò ben presto. Baciate per me i bam-
bini, e ditemi quando andate a Parma. Addio, addio con tutta
l’anima.
Com’è andato il viaggio e come va la salute?
Il vostro Leopardi.