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Io le invidio il soggiorno della Libreria, nella quale mi ricordo bene di non aver mai conosciuta l’estate, nè sentito molto l’in- verno. Saluto teneramente tutti, e la prego a benedire di nuovo

il suo
Giacomo.
1324. Ad Adelaide Maestri.
Firenze, 29 luglio 1828.

Mia cara Adelaide. Io non perderò mai la memoria di quella settimana che ho passata qui con voi e colla Mamma: sono stati i giorni più lieti ch’io abbia avuti in Firenze. Potete, o forse non potete pen- sare quanto io sia grato alla straordinaria amorevolezza che mi avete mostrata. Certamente potete congetturare quanto volen- tieri io verrei a vivere vicino alla vostra famiglia, se per ora potessi. La mia salute si va alternando tra i dolori e qualche intervallo di riposo; nei quali intervalli mi pare di esser sanis- simo, e se fossero un poco più lunghi, mi scorderei della malat- tia. Mi dura ancora il buon appetito, che talvolta divien fame, e necessità di mangiare: ma gl’intestini continuano a non ammet- ter cibo senza dolori: i quali sono tanto più grandi, quanto è maggiore la quantità del cibo, benché questa non sia mai supe- riore, anzi appena uguale, al bisogno. Anche Cazzaiti è di opi- nione che il mio male non consista in altro che in una sensibi- lità estrema e straordinaria degl’intestini, combinata con una gagliarda corrispondenza del sistema nervoso. Fatemi la grazia di ricordare al Papà la mia tenera gratitudine alle sue cordia- lità. Alla Mamma scriverò ben presto. Baciate per me i bam- bini, e ditemi quando andate a Parma. Addio, addio con tutta l’anima. Com’è andato il viaggio e come va la salute? Il vostro Leopardi.