solamente mi ci ritiene, e m’impedisce di tornare a baciarle la
mano, come vorrei, e lo sospiro giorno e notte. Gliela bacio col-
l’animo da lontano, e la prego a benedirmi, e a scrivermi.
Il suo Giacomo
Bunsen, tornato a Roma, mi scrive spontaneamente di avere
rinnovate le istanze per cotesto cancellierato del censo.2
1275. |
Di Monaldo Leopardi. |
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Recanati 10. Giugno 1828. |
Mio caro Giacomo.
Ricevetti la cara vra delli 2. corr.c e prima quelle delli 18, e 26
maggio. Se dopo quella delli 14 maggio ne avevate scritte quattro, una
se ne è smarrita. Mi pare che anche una delle mie dirette a voi abbia
avuta la stessa sorte. Pazienza.
Oggi sarete in viaggio. Iddio ve lo accordi felicissimo, e così gli
altri che farete finché io potrò stringervi fralle mie braccia con tutto
il cuore; con quel cuore tanto ferito, e al quale arrecherete tanto
conforto.
Noi stiamo bene, e la scarlattina di Pietruccio lini in tré giorni.
Fra due settimane avremo qui tutti gli Antici, meno li convittori, e
credo si tratterranno sino a 9bre.
Io scrissi al Gen[era]le de’ Gesuiti raccomandando il mio caro Luigi
alle orazioni della Compagnia. Quel degno religioso, che non cono-
sco, mi rispose cordialissimamente, e promettendomi largamente
quanto chiedevo, soggiunse sperare egli che dentro la settimane di Pen-
tecoste allora corrente, l’amato Figlio ne sentirebbe gli effetti. Nella
Domenica della Trinità, senza ripensare a quella lett." sentii quasi
all’improvviso che le mie lagrime scorrevano più dolci. Lungi da mè
ogni idea di favori speciali per mè, che sò bene quale montagna smi-
surata di colpe e di fango me ne tenga lontano, .ma intanto io piango,
e piangerò sempre, ma mi pare di piangere meno sconsolato. Oh Figlio
mio, come si sente il valore della religione quando tutti i valori della
terra sono scomparsi, e quanto è grande Iddio per chi non vede più
nulla fuori di lui.