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1262. A Monaldo Leopardi.
Pisa 26 Maggio 1828

Mio caro Papà. Fra le tante cause di cordoglio che mi reca la cara sua dei 16, una cosa, oltre i motivi di Religione, mi ha dato qualche conforto; ed è stata il ricevere Io sfogo del suo dolore, e l’andarmi lusingando che questo sfogo possa averlo mitigato, almeno per un momento. Io non posso intraprendere di consolarla, tanto più che sono inconsolabile anch’io. Ma tra le considerazioni che tutto il giorno sto facendo sopra il suo stato, mi dà gran pena l’immaginarmi che Ella certamente finora non avrà fatto nessuno sforzo per allontanare un poco la mente dal pensiero che la domina e la tormenta. Caro Papà, io so bene che le anime sensibili, in casi di questa sorta, quasi si vergo- gnerebbero di se stesse se tentassero di sottrarsi al loro dolore, e se ammettessero qualche sollievo: pare come un sacro dovere l’abbandonarsi interamente e senz’alcuna cura di se medesimi al pensiero che ci affligge. Ma io non posso a meno di pregarla a proccurarsi un poco di distrazione: e l’animo suo troverà minor difficoltà ad esaudirmi, se penserà che io la prego per un motivo altrettanto sacro e tenero quanto è quello che cagiona il suo dolore; la prego, non per l’amor di se stessa, ma per l’amor di noi altri, che viviamo in lei e per lei, e che sentiremmo scemata e mutilata la nostra vita, se in lei si scemasse la salute. Io per la parte mia posso giurarle che, parlando umanamente, non vivo se non per lei e per la mia cara famiglia: non ho mai goduto della vita se non in relazione a loro; ed ora la vita non mi è cara se non in vista del dolore che cagionerei a loro se la per- dessi. Veda dunque di esaudirmi, e faccia la stessa preghiera alla Mamma per parte mia: non le posso esprimere quanto accre- sca la mia angustia presente il dubbio e la paura che la loro salute possa soffrire in questa circostanza. Anch’io in questi giorni ho ricevuto i SS. Sacramenti colla intenzione ch’Ella sa. Di salute, grazie a Dio, sto bene. Mi vo sostenendo col pensiero di esser