derio che ho di rivedervi è grandissimo, ma il mio venire o no
a Bologna dipenderà dallo stato della mia salute, il quale per
ora è tale, che il viaggiare non mi è possibile. Sarei voluto andare
anche a Genova prima di tornare a Firenze, e non vo, perchè
non posso viaggiare: appena posso camminare: che ogni bagat-
tella mi produce una riscaldazione (e non mangio nè bevo nulla).
Rendete per me un bacio all’Emilietto, e fate mille saluti
all’ottimo e carissimo Professore. Vi raccomando la vostra salute,
della quale vorrei migliori notizie. Amatemi e credetemi sem-
pre vostro. Addio addio.
1246. |
A Paolina Leopardi. |
|
Paolina mia. Tu ti lagni del mio lungo silenzio. Ma io, dopo
avere risposto a Pietruccio, ti scrissi poco fa, e ti feci la stessa
lagnanza: ora vedo che quella lettera non ti è arrivata. Le
nuove che tu mi dai degl’incomodi sofferti da Babbo e da
Mamma e da voi altri, benché gl’incomodi, grazie a Dio, siano
stati leggeri, mi hanno dispiaciuto molto; anzi mi tengono ancora
angustiato; e ti prego per carità, che appena avrai ricevuta que-
sta, mi scriva subito per dirmi che tutti siete guariti perfetta-
mente e state bene. Dimmi ancora se domani sarete andati a
fare la vostra solita scampagnata. Fatti ancora dare la lettera
che scrissi a Pietruccio, e rispondi a un’interrogazione che ci
troverai. Io, grazie a Dio, non ho avuto mai febbre, come voi
altri: la primavera mi ha incomodato e m’incomoda ancora molto,
ma non mi ha mai fatto ammalare, e gl’incomodi sono passeg-
geri. Ma veramente la stagione è stata cattiva ancor qui, non
tanto per il freddo, quanto per l’incostanza, e per il caldo fuor
di tempo. Qui e in Firenze il terremoto non si è sentito, se non
da certi pochi che l’hanno detto dopo che l’han visto annun-
ziato nella gazzetta. Dimmi se costì è stato tanto forte da met-