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1228. Ad Adelaide Maestri.
Pisa, 5 marzo 1828.

Mia cara Adelaide. Dunque due vostre lettere dirette a me si sono smarrite? Que- sta perdita mi dispiace più di quella del tabacco, la quale ancora mi rincresce non poco. Intanto vi ringrazio di tutto cuore e del tabacco, e delle lettere perdute, e di quella, che pur finalmente mi arriva, de’ 19 di febbraio. Quel vostro passare appresso al camminetto l’ultimo giorno del carnevale, non mi dà buon segno della vostra salute. Al solito, voi non me ne dite niente, e io non posso giudicarne se non per congetture. Io, quanto a me, non mi sono avveduto deU’invemo quest’anno; e appena mi par cre- dibile di trovarmi già nel marzo, e colla primavera alle porte. O la stagione è stata straordinariamente buona, o questo è pure un clima divino. Della mia salute non potrei lagnarmi, se non fosse che i nervi mi tormentano sempre, e che non posso tro- var modo di digerire, non ostante il camminar moltissimo e il mangiar pochissimo. Voi e l’avvocato Maestri parlate con molta cordialità della mia Crestomazia, la quale non è opera che meriti considerazione alcuna; e questa è la causa per la quale non ve ne feci parola in Firenze: io mi era già dimenticato di averla scritta. Ringra- ziate tanto tanto per me l’avvocato Maestri delle gentilezze che mi scrive in questo proposito; e ditegli che ho veduto con molto piacere l’articolo della Biblioteca italiana sopra l’Elogio del Ber- tani. Riveritemi singolarmente il Colombo e il Taverna,1 se li vedrete; e ritornate un bacio per me alla Clelietta. Voi non vi stancate di volermi bene; e quando mi scrivete, siatemi meno avara delle vostre nuove, parlatemi delle vostre occupazioni, e della salute, la quale vi sia raccomandata per parte mia. Addio, addio. Il vostro Leopardi.