e tra i Classici italiani, imitò la maniera del Boccaccio, e può
meritar lode come imitatore. Nelle altre opere è, dove più, dove
meno felice. Ma io non mi maraviglierei che lo stile di quelle
lettere che voi avete, fosse molto imperfetto, perchè nel cin-
quecento anche i dotti, quando scrivevano familiarmente, erano
molte volte trascuratissimi, e particolarmente incolti e orridi
nell’ortografia; la quale a quei tempi non era nè tanto bene deter-
minata nè tanto ben conosciuta, che gli scrittori la sapessero os-
servare quando scrivevano in fretta. Però vediamo in alcune let-
tere ed anche in altre scritture del Casa, del Caro, e massima-
mente del Tasso, pubblicate esattamente conformi agli autogra-
fi, un’ortografia quasi barbara, e anche parecchi errori di lingua.
Addio, caro Cugino. Abbi cura del corpo, e proccura, non
dico di consolare, ma di sollevare l’animo, almeno colla consi-
derazione della bontà del tuo carattere e della ingiustizia della
fortuna, la quale quando è ingiusta, merita sempre di essere
disprezzata. Io ti amo, come sai. Comandami e credimi
Il tuo Giacomo Leopardi
679. |
Ad Antonio Fortunato Stella. |
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Stimatiss. Signore ed Amico
La pregiata sua dei 5 andante mi è stata carissima, come quella
che mi dimostra la memoria che Ella conserva della nostra antica
amicizia, la quale mi fu e sempre mi sarà sommamente cara per
la stima personale che ho concepita di Lei e del suo carattere
nel conoscerla da vicino.
Vengo subito all’impresa di cui Ella mi parla, e che ho cono-
sciuta dal manifesto acclusomi. In generale io non saprei abba-
stanza lodare il suo pensiero, il quale non può esser più degno
di Lei nè più onorevole all’Italia. Ella si propone, oltre alle tra-
duzioni italiane, di darci tutto Cicerone nell’originale. Lodando