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e tra i Classici italiani, imitò la maniera del Boccaccio, e può meritar lode come imitatore. Nelle altre opere è, dove più, dove meno felice. Ma io non mi maraviglierei che lo stile di quelle lettere che voi avete, fosse molto imperfetto, perchè nel cin- quecento anche i dotti, quando scrivevano familiarmente, erano molte volte trascuratissimi, e particolarmente incolti e orridi nell’ortografia; la quale a quei tempi non era nè tanto bene deter- minata nè tanto ben conosciuta, che gli scrittori la sapessero os- servare quando scrivevano in fretta. Però vediamo in alcune let- tere ed anche in altre scritture del Casa, del Caro, e massima- mente del Tasso, pubblicate esattamente conformi agli autogra- fi, un’ortografia quasi barbara, e anche parecchi errori di lingua. Addio, caro Cugino. Abbi cura del corpo, e proccura, non dico di consolare, ma di sollevare l’animo, almeno colla consi- derazione della bontà del tuo carattere e della ingiustizia della fortuna, la quale quando è ingiusta, merita sempre di essere disprezzata. Io ti amo, come sai. Comandami e credimi Il tuo Giacomo Leopardi

679. Ad Antonio Fortunato Stella.
Recanati 13 Marzo 1825

Stimatiss. Signore ed Amico La pregiata sua dei 5 andante mi è stata carissima, come quella che mi dimostra la memoria che Ella conserva della nostra antica amicizia, la quale mi fu e sempre mi sarà sommamente cara per la stima personale che ho concepita di Lei e del suo carattere nel conoscerla da vicino. Vengo subito all’impresa di cui Ella mi parla, e che ho cono- sciuta dal manifesto acclusomi. In generale io non saprei abba- stanza lodare il suo pensiero, il quale non può esser più degno di Lei nè più onorevole all’Italia. Ella si propone, oltre alle tra- duzioni italiane, di darci tutto Cicerone nell’originale. Lodando