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314. A Giuseppe Zacchia.
[Recanati 10 Luglio 1820]

Eccellenza Reverendiss. Quando è piaciuto a V.E. Reverendiss. e a cotesti illustri Accademici di ascrivermi al loro collegio, non hanno fatto cosa che disdicesse alla benignità loro, ma sibbene al merito mio. Forse però hanno giudicato che la squisitezza della cortesia debba risplendere tanto più, quanto si dimostra in persona di più basso affare. Perchè non è strano che si onorino le virtù e le dottrine insigni, ma il ricercare spontaneamente i piccoli e oscuri, è segno certo di singolare umanità. Laonde l’obbligo ch’io porto a V. E. Reverendiss. e a cotesti Signori. Accademici, cresce in propor- zione della mia bassezza. Io prego V.E. Reverendiss. che si voglia compiacere di esser testimonio a cotesti Signori della mia somma gratitudine verso loro, oltre alle obbligazioni speciali ch’io debbo e professo in particolare a V.E. Reverendiss. Resterà ch’io mi sforzi di mostrarmi riconoscente alle Signorie Loro col fatto, vincendo la mediocrità mia, perchè l’onore che mi hanno con- ferito, non mi ridondi piuttosto in vergogna che in ornamento. E con profondissimo ossequio mi dichiaro Di V.E. Reverendiss.

Umo Dmo e Gratiss. Servitore
Giacomo Leopardi

Recanati 10 Luglio 1820

315. Di Ferdinanda Melchiorri.
Roma 15. Luglio 1820.

Mio caro Nepote. Sono secoli che non ci scriviamo, e ciò per qual motivo! In me pre- vale un poco di pigrizia, e il più delle volte una vera impotenza, p[er]chè