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I. — Pensieri. Come ho giá accennato, la raccolta di questi Pensieri, fatta o raccogliendoli dallo Zibaldone, e dando loro una forma piú densa e perfetta, o scrivendoli via via che gli venivano in mente, non è compiuta. Molti altri ne rimangono sparsi qua e lá, non meno arguti e caratteristici, che qui non sono riuniti. Secondo ogni probabilitá, il volumetto, che forse doveva essere il quarto si nella edizione dello Starita, si in quella del Baudry, non fu compiuto. Anche l’ordinamento è credibile sia del Ranieri: l’autografo ha numerate di mano del L. solo le prime otto pagine, contenenti il P. I, che è una specie di «Preambolo» : gli altri fogli, contenenti ciascuno un pensiero, sono numerati a carte d’altra mano; e son del Ranieri i numeri romani preposti a ciascun pensiero nella copia per la stampa. Tuttavia è evidente che nessuno s’arrischierá oramai piú a tentar di dar loro una disposizione diversa. Il testo, che il Ranieri e poi il Mestica avevano dato non senza qualche inesattezza, svista o correzione arbitraria, è stato ripubblicato di su l’autografo l’anno scorso dal Moroncini, ed a questa edizione mi son quasi sempre attenutoli). (i) Il prof. Moroncini piú volte s’è preso cura di tartassare queste mie «che si presentano con pretesa di edizioni critiche», e ha rilevato con minuziosa diligenza qualche errore — pur troppo veramente sfuggito — che egli poi accresce con degli ecc. ecc. —e «l’arbitraria grafia e interpunzione». Non è facile intenderci: egli ha la «pretesa» che «critica» sia l’esatta riproduzione degli autografi: e se cosi fosse, evidentemente, il critico piú acuto e sicuro diventerebbe il fotografo, le cui lastre non corron pericoli di distrazioni o di sviste o d’errori tipografici. Se non che, il Leopardi appunto scriveva allo Stella (7 aprile 1826): * Ella sa che l’Alfieri diceva che un’opera giá copiata e pronta per la stampa è mezzo fatta: l’altra metá della fatica è quella di condur l’edizione. Spesso molte imperfezioni che non si ravvisano nel ms. saltano agli occhi dell’autore quando rivede le sue opere in stampa ecc.». — E, appunto per questo (che è vero non solo per l’Alfieri e il Leopardi, ma per tutti, grandissimi o piccolissimi) io penso che critica è l’edizione fatta dall’Autore, quando l’ha fatta; e anche qui, salve le sviste e le distrazioni e gli errori di stampa, che si debbon correggere.—Quando l’edizione dell’autore non ci sia, è critica quella in cui l’editore contemperi le norme generali seguite dall’autore con le esigenze o le consuetudini del tempo proprio, o magari coi criteri d’una collezione: se no diventa «arbitrio» anche toglier le h agli hebbe o haveva dell’Ariosto! Sicuro: è un lavoro che domanda quel «grano di sale» del quale il fotografo non ha bisogno, e da fare con molta discrezione. Fino a mutare forme o costrutti, perché l’A. gli avrebbe corretti in una nuova ristampa, nessuno si può ar-