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III

DALLA «CRESTOMAZIA ITALIANA DE’ POETI»

(1828)

AI LETTORI

Nella prefazione della «Crestomazia» italiana di prosa, il compilatore promise di fare una «Crestomazia poetica» con quei medesimi ordini e in quella stessa forma; la quale non era d’invenzione sua, ma tenuta in tutti i migliori libri di tal genere pubblicati in lingua francese, inglese ed altre, ed approvata per buona dal consenso dei letterati di quelle nazioni. Postosi all’opera, conobbe che la cosa non poteva appena convenire al caso nostro; perché il porgere distribuite per classi le impressioni poetiche, gli parve primieramente impossibile, e poi di pessimo effetto se si fosse potuto fare. Per questa ragione, in cambio dell’ordine delle materie, ha seguito quello dei tempi: ordine non contrario aH’effetto poetico, ed utile, come è manifesto, alla cognizione storica della poesia nazionale. Di Dante e del Petrarca, del «Furioso» e delle «Satire» dell’Ariosto, della «Gerusalemme» e dell’«Aminta» del Tasso, del «Pastor fido», del «Giorno» del Parini, non ha tolto cosa alcuna; perché ha creduto, prima, che a voler conoscere la poesia nostra, sia necessario che quelle opere si leggano tutte intiere; poi, che il farle in pezzi, o il dire «questo è il meglio che hanno» sia un profanarle. E generalmente da tragedie o drammi di ogni sorta, non ha creduto che si potesse prender nulla, che posto fuori del luogo suo, e diviso dal corpo dell’opera, stesse bene. Né meno ha preso nulla da