Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/133


detti memorabili di f. ottonieri - cap ii 127


che questi sarebbe il piú misero di tutti gli uomini. Anche i piú vecchi hanno disegni e speranze di migliorar condizione in qualche maniera. E ricordava un luogo di Senofonte42, dove consiglia che avendosi a comperare un terreno si compri di quelli che sono male coltivati; perché, dice, un terreno che non è per darti piú frutto di quello che dá. non ti rallegra tanto, quanto farebbe se tu lo vedessi andare di bene in meglio; e tutti quegli averi che noi veggiamo che vengono vantaggiando, ci danno molto piú contento che gli altri.

All’incontro, notava che niuno stato è cosí misero, il quale non possa peggiorare; e che nessun mortale, per infelicissimo che sia, può consolarsi né vantarsi, dicendo essere in tanta infelicitá che ella non comporti accrescimento. Ancorché la speranza non abbia termine, i beni degli uomini sono terminati; anzi un di presso il ricco e il povero, il signore e il servo, se noi compensiamo le qualitá del loro stato colle assuefazioni e coi desideri loro, si trovano avere generalmente una stessa quantitá di bene. Ma la natura non ha posto alcun termine ai nostri mali; e quasi la stessa immaginativa non può fingere alcuna tanta calamitá che non si verifichi di presente, o giá non sia stata verificata, o per ultimo non si possa verificare, in qualcuno della nostra specie. Per tanto, laddove la maggior parte degli uomini non hanno in veritá che sperare alcun aumento della quantitá di bene che posseggono; a niuno mai, nello spazio di questa vita, può mancar materia non vana di timore: e se la fortuna presto si riduce in grado che ella veramente non ha virtú di beneficarci da vantaggio, non perde però in alcun tempo la facoltá di offenderci con danni nuovi e tali da vincere e rompere la stessa fermezza della disperazione.

Ridevasi spesse volte di quei filosofi che stimarono che l’uomo si possa sottrarre dalla podestá della fortuna, disprezzando e riputando come altrui tutti i beni e i mali che non è in sua propria mano il conseguire o evitare, il mantenere o liberarsene; e non riponendo la beatitudine e l’infelicitá propria in altro che in quel che dipende totalmente da esso lui. Sopra la quale opinione, tra le altre cose, diceva: — Lasciamo stare