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a 21] trattato della pittura - parte prima 15

dal poeta? Qui risponde il poeta, e cede alle sopradette ragioni, ma dice che supera il pittore, perchè lui fa parlare e ragionare gli uomini con diverse finzioni, nelle quali ei finge cose che non sono, e che commoverà gli uomini a pigliare le armi, e che descriverà il cielo, le stelle, e la natura, e le arti, ed ogni cosa. Al quale si risponde, che nessuna di queste cose di che egli parla è sua professione propria, ma che s’ei vuol parlare ed orare, è da persuadere che in questo egli è vinto dall’oratore; e se parla d’astrologia, che lo ha rubato all’astrologo, e di filosofia, al filosofo, e che in effetto la poesia non ha propria sede, nè la merita altrimenti che di un merciaio ragunatore di mercanzie fatte da diversi artigiani. Ma la deità della scienza della pittura considera le opere così umane come divine, le quali sono terminate dalle loro superficie, cioè linee de’ termini de’ corpi, con le quali ella comanda allo scultore la perfezione delle sue statue. Questa col suo principio, cioè il disegno, insegna all’architettore a fare che il suo edificio si renda grato all’occhio; questa insegna ai componitori di diversi vasi, agli orefici, tessitori, ricamatori; questa ha trovato i caratteri, con i quali si esprimono i diversi linguaggi; questa ha dato le caratte agli aritmetici; questa ha insegnato la figurazione alla geometria; questa insegna ai prospettivi ed astrologhi ed ai macchinatori ed ingegneri.


20. Dell’occhio.

L’occhio, dal quale la bellezza dell’universo è specchiata dai contemplanti, e di tanta eccellenza, che chi consente alla sua perdita, si priva della rappresentazione di tutte le opere della natura, per la veduta delle quali l’anima sta contenta nelle umane carceri, mediante gli occhi, per i quali essa anima si rappresenta tutte le varie cose di natura. Ma chi li perde lascia essa anima in una oscura prigione, dove si perde ogni speranza di rivedere il sole, luce di tutto il mondo. E quanti son quelli a cui le tenebre notturne sono in sommo odio, ancora ch’elle sieno di breve vita! O che farebbero questi quando tali tenebre fossero compagne della vita loro? Certo, non è nessuno che non volesse piuttosto perdere l’udito e l’odorato che l’occhio, la perdita del quale udire consente la perdita di tutte le scienze che hanno termine nelle parole, e sol fa questo per non perdere la bellezza del mondo, la quale consiste nella superficie de’ corpi sì accidentali come naturali, i quali si riflettono nell’occhio umano.


21. Disputa del poeta col pittore, e che differenza è da poesia a pittura.

Dice il poeta che la sua scienza è invenzione e misura; e questo è il semplice corpo di poesia, invenzione di materia, e misura ne’ versi, e che essa si veste poi di tutte le scienze. Al quale risponde il pittore avere i medesimi obblighi nella scienza della pittura, cioè invenzione e misura; invenzione nella materia, ch’egli