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x giorgio vasari

Lionardo al duca, il quale molto si dilettava del suono della lira, perchè sonasse;1 e Lionardo portò quello strumento ch’egli aveva di sua mano fabbricato d’argento gran parte, in forma d’un teschio di cavallo, cosa bizzarra e nuova, acciocchè l’armonia fosse con maggior tuba e più sonora di voce;2 laonde superò tutti i musici che quivi erano concorsi a sonare. Oltra ciò, fu il migliore dicitore di rime all’improvviso del tempo suo. Sentendo il duca i ragionamenti tanto mirabili di Lionardo, talmente s’innamorò delle sue virtù, che era cosa incredibile. E pregatolo, gli fece fare in pittura una tavola d’altare dentrovi una Natività, che fu mandata dal duca all’imperatore.3 Fece ancora in Milano ne’ frati di San Domenico a Santa Maria delle Grazie un Cenacolo, cosa bellissima e maravigliosa;4 ed alle teste degli apostoli diede tanta maestà e bellezza, che quella del Cristo lasciò imperfetta, non pensando poterle dare quella divinità celeste, che all’imagine di Cristo si richiede.5 La quale

    presentemente nella suddetta galleria. Vedi Documenti inediti risguardanti Leonardo da Vinci, pubblicati da G. Milanesi, Firenze, 1872.

  1. * È ormai provato, che Leonardo era a Milano sino dal 1483. Vedi Amoretti, Mem. cit., pag. 27-32; e vedi anche nella terza parte del Commentario che segue a questa Vita.
  2. * Che Leonardo si occupasse in siffatte invenzioni, appare anche da una nota del codice Atlantico dell’Ambrosiana, segnato Q. R., pag. 28; e in un codice Trivulziano in pergamena, contenente un trattato di musica di Prete Florentio, dove si vede ritratto Leonardo con una chitarra in mano, tra gli ornati del frontespizio. (Amoretti, Mem. cit., pag. 32). † Questo codice in ottavo di foglio ha nell’occhietto una cartella quadrilunga col fondo azzurro, sul quale è scritto a lettere d’oro: Florentii musici sacerdotisque ad illustrissimum ac amplissimum dominum et dominimi Ascanium Mariani Sf. Vicecomitatem ac Sancti Viti diaconum cardinalem dignissimum, Liber musices incipit. La cartella è contornata da un fregio a girali di fiori di più colori tramezzato da tondi con mezze figure, putti ed imprese sforzesche. In basso è lo stemma degli Sforza Visconti sormontato dal cappello cardinalizio. Nella carta che segue è il principio del libro. Dentro una cartella di fondo azzurro è il titolo a lettere d’oro: Florentius musicus et sacerdos ill.mo ac amplissimo Ascanio card.li domino suo. Nella iniziale è il prete Fiorenzo col libro in mano. Nel fregio sono i soliti ornamenti a fiorellini e girali di foglie e medaglioni con mezze figure e imprese. Da basso l’arme suddetta. Queste miniature, che si dicono senza nessuna ragione di Leonardo, hanno tutte le qualità che furono proprie di Attavante miniatore fiorentino, al quale non dubitiamo di assegnarle. Intorno a questo codice vedi Girolamo D’Adda, Leonardo da Vinci e la sua libreria, Milano, 1873, in-8o. Nella stessa casa Trivulzio è un altro codicetto, chiamato La Grammatica del conte di Pavia, o di Massimiliano Sforza figliuolo di Lodovico il Moro. Ha dieci miniature assai belle, che si vogliono di Leonardo, ma a noi pare di vedervi invece la mano di Fra Antonio da Monza, miniatore eccellente, sebbene poco noto.
  3. * Questo quadro non esiste più nella galleria imperiale di Vienna, e sembra essere andato smarrito.
  4. * Questo maraviglioso dipinto, che dal Lanzi vien detto, e a buon diritto, essere il compendio di tutti gli studi e di tutti gli scritti di Leonardo, fu inciso, come è ben noto, nel 1800 da Raffaello Morghen, in-folio grande; ed è stimato il capolavoro di questo incisore: fu in seguito ripetuto da molti. Più tardi, per ordine del vicerè d’Italia fu copiato in musaico, e a tal uopo il cav. Bossi disegnò un cartone, che ora si conserva nella galleria Leuchtenberg di Monaco, ed eseguì in appresso il dipinto, che ora si trova in Brera a Milano. I disegni di studio che il Bossi ne fece, sopra varie copie antiche (per le quali vedi Amoretti e F. Villot, Notice des tableaux italiens exposés dans les galeries du musée national du Louvre, Paris, 1849), si trovano nella collezione ducale di belle arti in Weimar. Frutto delle osservazioni ch’egli fece su questo lavoro di Leonardo è l’eccellente libro da lui mandato alla luce nel 1810, col titolo: Del Cenacolo di Leonardo da Vinci, libri quattro, in-fol.; opera che dette materia ad una severa critica del conte Carlo Verri, stampata nel 1812. L’Amoretti (pag. 65) prova per mezzo di un documento, che Leonardo era occupato in questo lavoro fin dal 1497; e che per conseguente doveva averlo incominciato vari anni innanzi; ed il Bossi crede persino che egli vi lavorasse per ben sedici anni, cioè dal 1461 al 1497. † Gli storici moderni tengono che questa pittura fosse lavorata da Leonardo nello spazio di tre anni, cioè dal 1495 al 1498.
  5. Secondo l’Armenini ed altri, il volto del Salvatore era finitissimo. Può darsi che per l’esecuzione fosse condotto allo stesso grado delle altre teste, e che nondimeno al pittore non paresse finito, perchè mancante