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NELLA TORRE DELL'ORGOGLIO 199

gli divampava così da inceppargli, quasi, la parola. Modernismo e riformismo religioso gli dispiacevano più ancora che socialismo e radicalismo. Non era però clericale. Lettore assiduo della Perseveranza, votava secondo le indicazioni della Perseveranza, era sempre andato alle urne politiche anche quando l’Autorità ecclesiastica non lo permetteva. Voleva i preti in chiesa e in sagrestia, non nella vita pubblica, non nella stampa politica. Ma in chiesa e in sagrestia ne riveriva l’autorità con soggezione intera. Perciò quando udì parlare di Massimo come di un discepolo di Benedetto e di Benedetto come di un eretico e di un ribelle se ne turbò molto. Interrogò qualche prete per averne notizie certe, non osando aprirsi direttamente al nipote. Ora trovò chi gli disse che suo nipote si avviava purtroppo per la stessa strada dei ribelli all’Autorità, di coloro che non ammettevano i dogmi fondamentali del Cattolicismo, i Sacramenti, l’autorità del Pontefice; ora trovò chi credette di poterlo rassicurare circa tutti questi punti. Rifuggì sempre dal parlarne a Massimo per paura di esserne tirato a discutere, ciò che nella sua candida fede, avida di affermazione, non avrebbe voluto far mai. Una sola volta gli toccò, per lettera, di questi suoi timori. La risposta del giovine, molto serena, schiettamente ortodossa, lo rassicurò, ma solo per qualche tempo. Gli dispiaceva pure che Massimo non pensasse sul serio a trar profitto de’ suoi studi di medicina. Udiva parlare di altri studi, religiosi e letterari, di conferenze sulla scienza e la Fede, sul socialismo cristiano. «Bellissim rob» aveva detto a un tale che gli vantava l’operosità di Massimo, «bellissim rob che conclüden nient.» Neppure intorno a ciò si apriva con Massimo. Lo stimava inutile, si rassegnava a non comprendere questo esemplare della nuova generazione e a non esserne compreso. Ragione voleva che Massimo fosse il suo erede ed egli intendeva di-