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24 Schiaparelli, N.° IX.


V. L’Ippopeda d’Eudosso. Meccanismo delle stazioni e delle retrogradazioni.


Prima di entrare a discorrere delle teorie speciali, con cui Eudosso spiegava i movimenti di ciascun pianeta, è necessario spendere qualche parola intorno ai caratteri generali comuni a tutte queste teorie, e studiare con qualche cura il singolare e fin qui poco conosciuto meccanismo da lui impiegato per rappresentare l’anomalia solare dei pianeti, cioè quella massima irregolarità del loro corso, di cui gli effetti più salienti sono i noti fenomeni delle stazioni e delle retrogradazioni.

Leggendo le relative esposizioni di Aristotele e di Simplicio (per il primo vedi l’appendice I e per il secondo l’appendice II §§ 4, 5 e 6) vediamo, che delle quattro sfere assegnate a ciascun pianeta, alla prima e più esterna era affidata la missione di produrre il moto diurno, con rivoluzione uguale a quella delle stelle fisse; la seconda serviva a produrre la rivoluzione dei pianeti lungo l’eclittica in un periodo uguale a quello della loro rivoluzione zodiacale, la quale per i pianeti superiori coincide colla nostra rivoluzione siderale, per Mercurio e per Venere è uguale ad un anno in tutti i sistemi geocentrici d’astronomia. La rivoluzione di queste seconde sfere essendo supposta uniforme, chiaro è che Eudosso non aveva alcuna idea dell’anomalia zodiacale dei pianeti, cioè di quella che dipende dalla eccentricità delle loro orbite, ed alla quale più tardi fu provvisto coll’introduzione degli eccentri fissi. Per Eudosso dunque erano equidistanti sull’eclittica i punti delle successive congiunzioni e delle successive opposizioni; e gli archi di retrogradazione erano da lui per ciascun pianeta supposti costanti ed uguali in tutte le parti dello zodiaco. E non solo delle eccentricità delle orbite planetarie, ma anche delle loro inclinazione rispetto all’eclittica non si trova indicato il minimo cenno. Il movimento delle seconde sfere (se bene siamo informati) coincideva per tutti i pianeti col circolo dello zodiaco. Le digressioni dei pianeti in latitudine non erano restate ignote agli osservatori; ma Eudosso, come più tardi si vedrà, credette che queste seguissero i periodi dell’anomalia solare, e che dipendessero esclusivamente dall’elongazione dei pianeti dal Sole, non dalla loro posizione in longitudine.

A rappresentare l’anomalia solare e insieme il loro movimento in latitudine erano destinate

per ciascun pianeta una terza ed una quarta sfera, interiori alle due sopraccennate. La terza sfera aveva i poli fissi sopra due punti opposti del circolo zodiacale tracciato sulla superficie della seconda, e si aggirava intorno a questi poli con un periodo uguale a quello della restituzione sinodica, ossia dell’intervallo che corre fra due opposizioni consecutive, o fra due congiunzioni consecutive del medesimo nome. I poli della terza sfera, dice Aristotele, erano diversi per i diversi pianeti, ma identici per Venere e per Mercurio. Circa il senso della rota-


    ci autorizza a pronunziare, ch’essi conoscessero quel fenomeno. Ma, dopo scritta la presente Memoria, essendomi venuta sottocchio la dotta e profonda Memoria dì H. Martin (presentata nel 1864 all’Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere, e stampata, nel 1869, nel vol. VIII dei Sav. Étran.), in cui tratta la quistione, se la precessione sia stata conosciuta dagli Egiziani o da altri popoli prima d’Ipparco, vi trovai la stessa cosa dimostrata con tanta maggior efficacia e copia d’argomenti, che fui indotto a sopprimere la mia appendice, la cui indole del resto era anche troppo aliena dall’oggetto dì questo mio scritto. In quella stessa Memoria trovai che Martin aveva già trattato della supposta nozione della precessione attribuita ad Eudosso, ed era pure giunto precisamente alle mie conclusioni. Ma la via da me battuta non essendo intieramente identica alla sua, ho conservato senza variazioni questa parte del mio lavoro, la quale del resto era necessaria per formare sulle ipotesi astronomiche d’Eudosso una monografia completa.