Dopo l’imprese perigliose e vane,
E col sangue acquistar terre e tesoro,
Vie più dolce si trova l’acqua e ’l pane, 100E ’l legno e ’l vetro che le gemme e l’oro.
Ma per non seguir più sì lungo tema,
Tempo è ch’io torni al mio primo lavoro.
I’ dico che giunta era l’ora estrema
Di quella breve vita glorïosa, 105E ’l dubbio passo di che ’l mondo trema,
Et a vederla un’altra valorosa
Schiera di donne non dal corpo sciolta,
Per saper s’esser pò Morte pietosa.
Quella bella compagna era ivi accolta 110Pure a vedere e contemplare il fine
Che far convensi, e non più d’una volta:
Tutte sue amiche e tutte eran vicine.
Allor di quella bionda testa svelse
Morte co la sua mano un aureo crine: 115Così del mondo il più bel fiore scelse,
Non già per odio, ma per dimostrarsi
Più chiaramente ne le cose eccelse.
Quanti lamenti lagrimosi sparsi
Fur ivi, essendo que’ belli occhi asciutti 120Per ch’io lunga stagion cantai et arsi!
E fra tanti sospiri e tanti lutti
Tacita e sola lieta si sedea,
Del suo ben viver già cogliendo i frutti.
- Vattene in pace, o vera mortal dea! - 125Diceano; e tal fu ben, ma non le valse
Contra la Morte in sua ragion sì rea.
Che fia de l’altre, se questa arse et alse
In poche notti e sì cangiò più volte?
O umane speranze cieche e false! 130Se la terra bagnar lagrime molte
Per la pietà di quella alma gentile,
Chi ’l vide il sa; tu ’l pensa che l’ascolte.