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avvertimento. 9

e alterata dappertutto quanto alle forme della lingua. Dell’autografo noi abbiamo, per primi, riprodotto altresì la grafia, rispettando di questa anche certe incostanze, che possono parere singolari1: ci siamo invece riserbata pienissima libertà per quel che concerne la punteggiatura; abbiamo corretto, com’era naturale, i materiali trascorsi di penna che, come negli altri autografi galileiani, anche in questo sono non rari; abbiamo pure emendato un passo in cui Galileo scambiò (ed anche di questo fatto abbiamo altri esempi in altre sue scritture2) dalla parola che voleva scrivere a quella di significato diametralmente opposto3. Ogni volta però che ci siamo discostati dall’autografo, abbiamo registrato la lezione di questo (anche gli errori materialissimi) a piè di pagina, dove è tenuto nota eziandio dei pentimenti e ritocchi che l’autografo dimostra dovuti a Galileo stesso, dei tratti e delle parole che nel manoscritto si leggono cancellate, delle aggiunte interlineari o marginali, e d’ogni altra particolarità notevole che il codice presenta4.

Nella stessa Filza Rinucciniana che contiene le Lezioni di Galileo, sono una lettera che comincia «Avendo Dante nel principio del 25° canto dimostrato», e un disegno rappresentante la rosa celeste del Paradiso dantesco; lettera e disegno che il Gigli pubblicò, dubitando che quella potesse essere di Galileo, e addirittura attribuendo questo al Nostro5. Noi però non abbiamo riprodotto nè l’una nè l’altro: chè, quanto alla lettera (scritta, come avverte il Gigli stesso, da mano molto diversa da quella delle Lezioni galileiane, e, per alcuni materiali errori, da giudicarsi copia), non abbiamo alcun argomento per confermare il dubbio dell’editore, fondato soltanto sul trovare «lo stile.... molto simile a quello del Galileo, ed esatti i calcoli»; quanto poi al disegno, che il Gigli


    (pag. 13) stampa delle miglia 100 è maggiore, e a pag. 51, lin. 2, stampa (pag. 26) che pure ha di traversa 1 miglio; ma l’autografo ha miglia 700 e ½ miglio. In principio della prima Lezione, dopo le parole Se è stata cosa difficile e mirabile (pag. 31, lin. 1), l’autografo (e così pure la copia) presenta uno spazio bianco di circa una linea, del quale noi abbiamo voluto conservar traccia, parendoci probabile che Galileo lasciasse quel vuoto, nel trascrivere le sue Lezioni, col proposito d’inserire ivi, rivolgendosi agli uditori, una locuzione vocativa, quale suole trovarsi, appunto dopo poche parole, in principio di simili orazioni accademiche; cfr., p. e., nella Raccolta di Prose Fiorentine, Par. II, vol. I, In Firenze, MDCCXXVII, Nella stamperia di Sua Altezza Reale, Per li Tartini e Franchi, pag. 1 (Lezione di Pier Francesco Giambullari): «Quale si sia la cagione che ne conduce in su questa cattedra, Magnifico Signor Consolo, Accademici virtuosi, e voi altri uditori benigni, tante volte è stato già detto ecc.»; ivi, Par. II, vol. II, pag. 55 (Lezione di Lelio Bonsi): «Come egli non è dubbio nessuno che tutte le cose che operano, operano ad alcun fine, così è cosa certissima, Magnifico ed Ecc. Consolo, nobilissimi Accademici, e voi tutti onoratissimi e benignissimi ascoltatori, non pure che tutte ecc.»; ivi, Par. II, vol. IV, pag. 1 (Lezione di Giovanni Talentoni): «Avvenne appunto a me, virtuosissimo e nobilissimo Signor Consolo, quando io fui ecc.»

  1. P. e., l’alternarsi di dallo, dalla, e da lo, da la, di grandezza e grandeza, ecc.
  2. Vedi nel vol. VII della presente edizione, pag. 10, nota 5.
  3. Vedi a pag. 44, lin. 9.
  4. Più luoghi delle due Lezioni (vedi pag. 32, lin. 14-17; pag. 51, lin. 22-24 e lin. 30; pag. 53, lin. 5) confermano quello che abbiamo dalla testimonianza di Filippo Valori, cioè che Galileo accompagnò la sua esposizione con disegni rappresentanti le opinioni del Manetti e del Vellutello: ma nessun disegno si trova nè nell’autografo nè nella copia sincrona.
  5. Op. cit., pag. 135-140 e pag. 147; cfr. pagine xx-xxi.