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556 difesa contro alle calunnie ed imposture

sue proprie (le quali però poco di sotto si risolveranno in niente), produsse per la prima quella che egli pone nel suo primo capitolo de gli usi dello Strumento, dicendo quella non essere altramente tolta dal mio libro, nè in quello ritrovarsi (è vero che non era scopertamente tratta dal mio libro, ma era bene la mia seconda operazione mascherata; e la maschera non gli era stata messa dal Capra, ma dal Fiammingo sopranominato, il quale, così palliata, l’aveva lasciata tra certe sue poche scritture che in Padova restorno del suo, dalle quali il Capra ha tolta la fabrica dello Strumento e parte di quelle altre operazioni che non sono, o non paiono, tolte dal mio libro; sì come più a basso manifestamente si conoscerà). Avendo dunque il Capra prodotta in campo, per cosa non cavata dal mio libro, l’operazione contenuta nel suo primo capitolo, la quale è di comporre, con l’aiuto delle Linee Aritmetiche, così da me nominate, ma da lui Linee delle Linee, di compor, dico, una linea, la quale contenga un’altra alcune volte ed alcune sue frazioni; io primieramente mostrai, come questa sua prima operazione era in sustanza l’istessa che la sua seconda, la qual sua seconda è copiata ad verbum da la seconda mia, onde, in consequenza, segue che ancora la sua prima sia tolta da me; il che più di sotto apertamente consterà. Soggiunsi poi, che già che lui aveva detto, questa prima operazione esser sua, e non tolta da me, mi aveva posto in libertà di poterli far sopra qualche interrogazione senza rompere il mio obligo, che era stato di non lo interrogare se non sopra le cose che egli non aveva cavate dal mio libro, ma postevi come sue; e però che mi rispondesse in che modo ei voleva multiplicare 55¼ in sè stesso, sì che il prodotto fusse 45, sì come egli scriveva in questa detta sua prima operazione, a car. 16nota, in quelle parole: relieto immoto instrumento multiplicetur fractio 55¼ in se, productum erit 45. A questo interrogatorio restando alquanto stordito, e dubitando che forse io non avessi corrotti i suoi testi, si cavò di tasca uno de i suoi libri e cominciò con diligenza a leggere il detto luogo; al quale atto io non mi potetti contener di dirgli, che non si mettesse in sospetto che io avessi alterata la sua scrittura: lesse e rilesse molte volte il detto luogo, e sopra e sotto, senza mai risponder niente; finalmente, per aiutarlo, io gli dissi che ei poteva benissimo scusarsi con dire che quello era error di stampa,

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  1. Cfr. pag. 451.