Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/506


96


giosi gli dissero di non avere in quell’anno veduta la real donzella.

«Udita da Scebur la funesta notizia, gettò per terra il diadema, strappossi la barba bianca pegli anni, e cadde privo di sensi. Quando riaprì gli occhi, pronunziò questi versi:

««Invoco le lagrime e la pazienza; ma le sole lagrime rispondono alla mia voce.

««Il destino ed il tempo furono quelli che mi hanno da te diviso: quanto ingiusti sono il tempo ed il destino!»»

«Comandò quindi a dieci suoi generali di mettersi ciascuno alla testa di mille cavalieri, e percorrere il paese in direzioni diverse, per procurar di saper nuove della figliuola.

«Questa erasi posta in viaggio sotto la scorta di Gharib per tornare alla corte del padre, e la carovana camminava da dieci giorni, senza aver incontrata nessuna avventura; ma l’undecimo, fu visto un gran nembo di polvere che avvolgeva una truppa di mille cavalieri. Era la tribù dei Beni Hital, sotto gli ordini di Sansone Ben Algiurab. — Avanti! all’assalto!» gridò Gharib ai suoi; ed immantinente questi scagliaronsi gridando: — Al sacco! al sacco! Allah Akbar! Allah Akbar!» Tutto il giorno durò la pugna, e quando venne la notte a separare i combattenti, cinquecento Arabi dalla parte di Sansone e cento Persiani da quella di Gharib aveano morso la polve. — Per la mia vita,» sclamò Sansone, «io non aveva ancor trovato un cavaliere sì valoroso come quel giovane; ma domani combatteremo assieme in campo chiuso!» Dal canto suo, la principessa venne incontro all’eroe e ne baciò la staffa, esprimendogli tutta l’inquietudine provata per la di lui sorte. Gharib, lavato il sangue e la polvere ond’era coperto, si pose allegramente a cena: ma la mattina appresso, ai primi raggi del sole, ricominciò il conflitto. Un ca-