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pregò di dargli da bere, dicendo che non potea più a lungo sopportare la sete ond’era arso. Alisciar, il quale sarebbesi fatto eterno rimprovero se non lo avesse appagato, entrò in casa per prendere una scodella d’acqua. — Dove sei stato oggi tanto tempo?» gli chiese Smeraldina.» «Provava, senza saperne il motivo, un tristo presentimento che saremmo divisi, e la mia gioia è estrema al rivederti sano e salvo; ma che vuoi dunque fare di quella scodella d’acqua? — Corro a portarla ad uno che ha sete,» rispose Alisciar, «e sono subito di ritorno, mia cara Smeraldina.» Affrettassi a discendere, e trovò il cristiano, cui aveva lasciato di fuori, seduto all’ingresso della casa. — Che fai tu là, cane maladetto?» gridò egli. — Perdonate, padrone,» rispose il cristiano, «estremamente stanco, e non potendo più reggermi in piedi, mi trovai costretto a sedere in qualche luogo.» Alisciar gli presentò da bere, ed imposegli di allontanarsi, ma vedendo che rimaneva sempre nello stesso luogo: — Orsù esci di qui sul momento, ti dico,» gli ripetè egli. — Benedetti,» disse il cristiano, «benedetti coloro che non ricusano un bicchier d’acqua all’assetato, nè un pezzo di pane a chi ha fame! Ora non ho più sete,» proseguiva, «ma provo una fame insaziabile; datemi un po’ di pane e qualche cipolla; non chieggo altro. — Vattene, ti dico,» riprese Alisciar; «non abbiamo nulla in casa. — Perdonatemi,» rispose il cristiano; «prendete questi cento zecchini, e fatemi il piacere d’andar a comprare qui vicino pane e cipolle; ve ne avrò eterna gratitudine. - È stravagante quest’uomo,» pensava tra sè Alisciar; «ma perchè non guadagnerò io i cento zecchini? — Correte presto, ve ne supplico,» insisteva il cristiano; «mi sento una fame da morire; è un supplizio del quale non si può formar un’idea se non lo si è provato. Portatemi qualche cosa,