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fino, secondo il modo d’esprimersi d’un nostro poeta, come un mare di delizie nel quale mi tuffava con piacere, o come un giardino di rose, che spandeva un olezzo d’amicizia onde il mio cuore era invaghito. Io era infine dilettato dalle storie che mi narrava, tanto l’arte di ben parlare eragli naturale; ma ricusava sempre di dirmi per qual ragione fosse sempre immerso in profonda meditazione, e perchè portasse il lutto.

«Nulla trascurai per sedurlo con doni; gli diedi abiti superbi, cinture di diamanti, borse d’oro e d’argento; in una parola, misi tutto in opra per indurlo a soddisfarmi: la mia perseveranza ed importunità infine lo commossero ancor più de’ miei doni. — Voi volete dunque,» mi disse, con raddoppiato dolore, «sapere ciò che m’è accaduto? Mi sarebbe più facile spiegarvi la storia dell’uccello anka1, che non il persuadervi delle mie disgrazie; desiderate piuttosto che tali avventure siano obliate, e soprattutto guardatevi dal convincervene per voi medesimo.» Io raddoppiai istanze e carezze, ed ecco che cosa mi raccontò.

«— La città di Medhochan è nel regno della China; quasi tutti i suoi abitanti sono celebri per la loro tristezza; non lasciano mai il nero, e gli stranieri che la temerità o la sventura attirano in quella città, trovano difficilmente i mezzi di contrarre qualche ami-

  1. È un uccello che i Persiani chiamano simurg, e gli Arabi anka, e che noi tradurremo per grifone. Quest’uccello, secondo gli Orientali, è mostruoso; parla ogni sorta di lingue, è ragionevole e capace di religione. Thamurath, il terzo re di Persia, della prima dinastia, seconda i Piehdaziani, fu trasportato su codest’uccello nelle regioni immaginarie. Gli Orientali dicono che da gran tempo l’anka sta ritirato sulla montagna di Kaf, che circonda il mondo, e che questo luogo è sconosciuto. Ciò che fa dir loro: — Tanto varrebbe insegnarvi la dimora dell’anka, o darvi sue notizie. —