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avvenenza, e che aveva molto maggior grazia e spirito delle maggiori, parlò alla sua volta.

«— Per me, sorelle care,» disse, «io non limito le mie brame a sì poco; prendo un volo più alto, e poichè si tratta di desiderare, bramerei essere sposa del sultano; gli darei un principe coi capelli d’oro da una parte, e d’argento dall’altra: quando piangesse, le lagrime che gli cadrebbero dagli occhi sarebbero tante perle, e quante volte sorridesse, le vermiglie sue labbra apparirebbero un bottone di rosa che si schiude. —

«I voti delle tre sorelle, e specialmente quello della minore, parvero al sultano Khosru-Schah tanto singolari, che risolse di contentarle; e senza nulla comunicare della sua intenzione al gran vlsir, lo incaricò di notar bene la casa per venirle a prendere la mattina seguente, e condurgliele tutte e tre.

«Il gran visir, eseguendo la domane gli ordini del sultano, concesse alle tre sorelle appena il tempo di vestirsi in fretta per comparire alla di lui presenza, senz’altro dir loro se non che sua maestà le voleva vedere. Condottele al palazzo, e presentatele al sultano, questi domandò loro:

«— Ditemi, vi ricordate degli augurii che faceste iersera, mentre eravate di sì buon umore? Non dissimulate, lo voglio sapere assolutamente. —

«A tali parole del sultano, le tre sorelle, che non se l’aspettavano, furono in grandissima costernazione; chinati gli occhi, il rossore che salì loro sul volto, diede alla minore tali vezzi, che finirono di conquidere il cuore del sultano. Siccome il pudore e la tema di aver offeso coi loro discorsi il sultano, faceva sì che stessero in silenzio, questi, avvedutosene, disse per rassicurarle:

«— Non temete nulla, non vi ho fatto venire per angustiarvi: e siccome veggo che la dimanda che vi