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pagata centomila pezze d’oro.» Naam, senza badare a quelle parole, rispose: — In nome del cielo, signora, degnatevi di dirmi che palazzo è questo, a qual principe appartiene, ed il nome della città in cui sono.

«— Voi siete,» le rispose la principessa, «nella città di Damasco; questo palazzo appartiene a mio fratello, il califfo Abdalmalek-Ebn-Meroan. Ma m’interrogate come se lo ignoraste. — In verità, madama,» rispose Naam, «io l’ignorava assolutamente. — Come!» riprese la principessa; a colui che v’ha venduta, e che riceve il prezzo della vostra libertà, non vi informò di avervi comprata pel califfo? —

«A tali parole, copiose lagrime irrigarono il volto della giovane schiava; maledì l’infame astuzia ond’era vittima, e disse fra sè: — Se parlo, nessuno vorrà credermi, e forse sarò in breve reclamata da chi solo ha diritti su di me. —

«Siccome Naam sembrava assai stanca del viaggio, la sorella del califfo la lasciò riposare tutto il giorno: l’indomani, le fece portare biancheria, vestiti, una collana di perle e braccialetti, e volle che se ne adornasse in sua presenza.

«Il califfo, entrato in quel frattempo, sedè vicino a Naam, che si nascose tosto il viso fra le mani. La principessa avendo fatto al fratello l’elogio della beltà e delle perfezioni della nuova schiava, egli la pregò di non privarlo della vista di tanti vezzi.

«Naam non ebbe alcun riguardo alle preghiere del califfo, e rimase costantemente nella medesima posizione; ma le sue braccia, esposte agli sguardi del principe, fecero nascere in lui la più viva passione. Disse alla sorella che tornerebbe fra tre giorni, ed aggiunse: — Io spero che questa giovane beltà farà, intanto, conoscenza con voi, e sarà più sensibile all’amore che seppe inspirarmi. —

«Quando il califfo fu partito, Naam si pose nuo-