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visiri, che subito furono suppliziati, ed i beni che aveano ammassati colle loro rapine e vessazioni, furono confiscati a pro dello stato.

«Azadbakht fece quindi giurar fedeltà al figlio da tutti i grandi del regno e dai principali del popolo, abdicò la sovrana autorità, e rimise nelle di lui mani le redini del governo.

— Tale, o sire,» disse Scheherazade, «è la storia dei dieci visiri. Il giorno che sta per nascere non mi permette di cominciarne un’altra. Spero però che vostra maestà si degnerà d’ascoltarmi ancora: ne se molte altre che certamente gli piaceranno non meno di quella ch’ebbi già l’onore di raccontarle.» Il sultano delle Indie, il quale erasi fatta una dolce abitudine d’udirla, acconsentì senza opposizione, e l’indomani Scheherazade riprese nel solito modo il corso de’ suoi racconti.

NOTTE CDLXIII

STORIA

D’ATTAF O L’UOMO GENEROSO.

— Sire,» disse Scheherazade, volgendosi al sultano delle Indie, «eravi a Damasco, capitale della Siria, sotto il regno del califfo Aaron Alraschild, un signore chiamato Attaf, sì liberale e generoso, che pareggiava e forse superava il celebre Hatem, della tribù di Thay, la cui generosità è talmente passata in proverbio: che il suo nome è divenuto sinonimo della